La musica streaming sarà il futuro? La rivista Fast Company fa un bel resoconto di quanto è accaduto negli ultimi 3 anni nel mercato della musica liquida e dello streaming. Vi riporto, in italiano, le parti più interessanti e cosa aspettarsi nel prossimo futuro.
Nel 2013 abbiamo avuto la nascita di iTunes Radio e di Google Play Music Unlimited.
Il 2014 ha avuto come protagonista Taylor Swift che ha mollato letteralmente Spotify. Google ha acquistato Songza. E YouTube ha lanciato il proprio servizio di abbonamento musicale.
Ma il 2015 è stato un anno pieno di sorprese! L’anno era cominciato con la creazione da parte di Jay-Z del proprio servizio di musica streaming, TIDAL, che non sta avendo i risultati sperati. Grooveshark ha chiuso i battenti. Apple ha lanciato a giugno Apple Music. YouTube ha annunciato YouTube Music. E Spotify con l’acquisizione di Echo Nest ha messo a frutto nuove funzionalità.
Non dimentichiamo che Pandora ha acquistato Next Big Sound. E poi ha acquisito TicketFlym, e infine, il patrimonio di Rdio, rivale diretto di Spotify.
A fine anno poi, per non farsi mancare nulla, i Beatles entrano nella disponibilità su tutti i principali servizi di streaming in tutto il mondo.
Quale sarà il futuro della musica streaming nel 2016?
Quale sarà il nostro rapporto con la musica digitale in questo anno? L’articolo di JOHN PAUL TITLOW indica 5 previsioni che ritengo attendibili.
1. La musica in streaming sarà nei prossimi anni l’unico modo di ascolto che le major musicali concederanno.
Ci sono ancora dei problemi da risolvere, non è tutto chiaro e non si risolverà tutto in questo anno. Ma i guadagni e i numeri degli utenti faranno si che artisti e distributori troveranno gli accordi giusti. Forse agli utenti non piaceranno i risultati e i risvolti potrebbero essere inaspettati.
Dal punto di vista degli utenti:
- non è bello avere la musica in affitto.
- Per la musica per cui si paga il servizio, si paga anche un costo per i dati che si scaricano. Costo che in Italia, per esempio, non è indifferente.
Dall’altro lato, lo strapotere dei servizi streaming non piace neanche agli artisti. Anche loro sono in affitto su piattaforme di cui non sempre conoscono i veri dati e il loro guadagno è minimo.
Purtroppo a vendere i dischi e mantenere l’industria musicale sono veramente in pochi. Pensate che Taylor Swift ha venduto, in tutto il mondo, 15 milioni di copie del suo singolo 1989, mentre Adele con “25” ha venduto oltre 4 milioni di dischi in una settimana.
2. Pandora si modificherà in qualcosa di diverso dopo l’acquisizione di Rdio.
Pandora non ha intenzione di abbandonare il modello di radio personalizzata di cui è pioniere. Invece, è ben posizionata sulle nuove funzioni e flussi di dati. Con i nuovi mezzi di recente acquisizione di Rdio, Pandora, oltre a poter personalizzare le stazioni radio, permetterà agli ascoltatori di selezionare manualmente brani e album da una libreria di milioni di brani.
Nel maggio 2015, la società ha acquisito Next Big Audio, un servizio di analisi che offre agli artisti uno sguardo completo sulla loro presenza online utilizzando i dati da YouTube, Spotify, SoundCloud, Facebook e altri.
Insomma, Pandora si prepara a controllare una massa enorme di dati che potrà utilizzare in diversi modi. Conoscendo meglio i dati degli utenti, gli artisti potrebbero utilizzare Pandora sia per lanciare i loro brani, sia per organizzare concerti.
3. Le nostre canzoni preferite saranno in HD
Ormai tra piani free, freemium e a pagamento le librerie musicali sono qualcosa di assodato. E il modo di fare la differenza tra i vari servizi streaming a disposizione è attraverso la qualità del suono.
Tidal di Jay-Z, offre qualità audio ad alta risoluzione e questo per gli audiofili è qualcosa di molto importante.
Deezer è sbarcato negli Stati Uniti con il lancio di Deezer Elite, un servizio di streaming ad alta fedeltà che è disponibile solo su sistemi di altoparlanti hi-fi wireless Sonos (per ora).
Apple starebbe lavorando ad un nuovo formato streaming ad alta fedeltà. Il formato non ha ancora un nome ma permetterebbe di avere canzoni a 96 kHz con una profondità di 24 bit. Tale risoluzione va oltre la qualità del comune CD e avrebbe due implicazioni:
- la prima è che Apple, grazie ai suoi utenti e al suo rapporto con gli utenti, potrebbe fare della qualità audio il suo punto di forza, mettendo in difficoltà Spotify che al momento trasmette agli utenti premium a 320kbps.
- La seconda implicazione è che, ad ogni modo, l’hardware dal quale ascolti la musica è importante tanto quanto la fonte di streaming.
Il consumatore medio può essere soddisfatto di come suona la musica digitale adesso sul proprio device, ma se la tecnologia si evolve e la competizione tra i brand si alza, si potrebbero aprire le orecchie a qualcosa di più chiaro nel 2016. Senza contare che la nicchia degli audifili sarebbe davvero contenta di questo innalzamento della qualità.
4) Uno dei servizi di streaming fallirà (o verrà acquisito)
Al momento i giganti della distribuzione musicale, a livello mondiale, sono 6. I 4 soliti Apple, Google, Microsoft, e Amazon affiancati da 2 servizi streaming specifici, Spotify e Deezer. Queste aziende sembrano abbastanza forti per resistere a qualunque tempesta. Ma chi può dirlo? Anche di Napster si diceva la stessa cosa. Intanto altri servizi di streaming minori come Rapsody e Tidal fanno già gran fatica. E SoundCloud o Bandcamp? E’ possibile che vengano inghiottiti da Youtube che si appresta a diventare, anche lui, un servizio in abbonamento. Ma anche SoundCloud non sta con le mani in mano. Difficile prevedere chi cadrà per primo. Difficile prevedere chi prevarrà.
5) La musica si ascolterà a pagamento.
Al momento la possibilità di ascoltare musica free è abbastanza ampia. Ma l’entrata nel mercato di Apple che non prevede alcuna possibilità di abbonamento free ha cambiato i giochi in tavola. Anche perché Apple paga meglio gli artisti rispetto ai concorrenti come Spotify che si vede abbandonata dagli artisti.
Spotify è ancorata al suo modello freemium ma starebbe considerando di dare agli artisti la possibilità di aprire una “finestra” alle loro nuove uscite rendendo alcuni brani disponibili solo agli abbonati paganti. Questo può essere in contrasto con lo spirito fondatore di Spotify, ma ha senso se si seguono i guadagni e se non si vogliono perdere altri pezzi importanti. Basti pensare ad Adele che andando via da Spotify ha venduto i suoi dischi alla grande, mettendo in imbarazzo coloro che pretendevano di essere il futuro della musica.
Alla fine dell’anno quindi tutti pagheranno un abbonamento streaming? Assolutamente no. Ma gli utenti riceveranno sicuramente più pressione a pagare e questo servizio vedrà sicuramente più utili.
Insomma, ne sentiremo tante e il blog starà con le orecchie ben attente per te!
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