Ho avvistato The Storytellers project di Laura Boffi per caso; navigando all’interno della mia bolla sonora. E mi è sembrato fin da subito un bel progetto. Perché parla di relazioni, di ascolto e innovazione. E non potevo non parlarne. Quello che mi interessa maggiormente infatti è proprio la parte della lettura e di ascolto dei bambini. Mi sembra un progetto che trasuda umanità e che vedrà collaborare persone molto belle.

Non so come il progetto si evolverà. Il blog lo seguirà. Magari Laura Boffi ci aggiornerà nel tempo, se vorrà. Al momento vedo un grande fermento e mi sembra un progetto interessante. Per questo ho pensato di scriverne sul mio blog e di chiedere l’intervista che trovi di seguito a Laura Boffi.

Il post che ho letto diceva e chiedeva.

Il progetto Storytellers cerca persone adulte, pensionate e non, che vogliano leggere libri per l’infanzia al telefono 🙂

Il progetto si prefigge di creare un servizio di lettura remota per bambini attraverso la creazione di una comunità di lettori senior.

The Storytellers project

Sia per dare una mano, che per divulgare la richiesta, ho deciso di scrivere all’ideatrice del progetto.

Il progetto vuole essere un servizio di biblioteca innovativo dove una comunità di lettori avanti con gli anni, disponibili e con molto tempo a disposizione legga a bambini libri per bambini. La lettura avviene a distanza e al telefono.

Lo strumento di interazione però è il robot Storybell che trasmette le loro letture e proietta immagini a parete della storia che viene letta.

Video

Il progetto Storytellers mira a promuovere relazioni intergenerazionali che siano benefiche per tutte le generazioni coinvolte: anziani, bambini e giovani genitori. Il progetto vorrebbe attivare un ecosistema di comunità che sfrutti:

  • L’aspirazione degli anziani ad essere buoni per le giovani generazioni
  • I bisogni dei bambini per lo sviluppo psicologico
  • Ol bisogno di sostegno dei giovani genitori nella cura dei bambini.

Laura Boffi

Non conoscevo Laura Boffi e non l’ho mai incontrata. Le ho scritto una mail per capire meglio il suo progetto ed è stata fin da subito disponibilissima.

Laura è una interaction & service designer e ricercatrice italiana.

Vive la vita quotidiana come fosse sul campo e raccoglie intuizioni per i suoi progetti dalle persone e contesti intorno a sè. Spesso queste intuizioni le fanno scoprire nuove opportunità progettuali in cui immagina l’uso di tecnologie per propositi diversi da quelli per cui sono state destinate.

Laura esplora le proprie idee di progetto dall’inizio del processo di ricerca attraverso i prototipi che costruisce e che utilizza come strumento di conversazione e progettazione con i suoi utenti. Durante la fase di co-creazione e di “prototipazione dell’esperienza”, Laura lascia manipolare i prototipi dalle persone attorno a cui si focalizza il progetto affinché possano appropriarsene, commentarli e definirne meglio lo scopo, l’uso e le caratteristiche in base ai propri valori ed il contesto in cui vivono. In questo modo, allena ed alimenta la sua unica prospettiva su ciò che le tecnologie possono fare per arricchire l’esperienza delle persone.

The Storytellers Project: intervista a Laura Boffi

Dai la tua definizione affettiva di interaction design?

Per me significa progettare esperienze significative per le persone, partendo da una loro osservazione e conoscenza nel contesto (fieldwork) ed immaginando futuri scenari in cui le tecnologie favoriscono sia l’ interazione tra le persone che il benessere individuale.

Come sei venuta a contatto con questa disciplina?

Durante i miei studi in design in Olanda alla Design Academy Eindhoven. In quel periodo ho messo a fuoco il fatto che non mi appassionava “creare oggetti”, ma ero interessata a progettare usi alternativi delle nuove tecnologie, partendo dalla ricerca con le persone. Mi affascinava capire come le persone potessero appropriarsi delle tecnologie, definendo nuove abitudini e attribuendo loro un valore personale o culturale.

Attraverso una mia ricerca personale, ho scoperto che esisteva un campo che si occupava esattamente di immaginare e disegnare nuovi rapporti tra le persone e le tecnologie, ovvero l’interaction design, ed ho cominciato a documentarmi su dove poter proseguire i miei studi. Il Copenhagen Institute of Interaction Design, fondato da una ex professoressa dell’Interaction Design Institute Ivrea (IDII) ed un paio di ex studenti che, dopo la chiusura dell’IDII, si erano spostati in Danimarca, era in procinto di iniziare il secondo anno del loro pilot e poiché gli studenti ammessi avrebbero avuto tutti una borsa di studio ho deciso di fare domanda. È così che nel 2009 mi sono spostata a Copenhagen ed ho finalmente iniziato a formarmi in
interaction design!

Ti occupi di interaction design da molti anni. Quali prospettive vedi per la professione?

Personalmente considero la mia professione la ricerca, in interaction design. Per l’immediato futuro trovo veramente interessante come, attraverso la ricerca in design, potremmo progettare oggetti, servizi ed ambienti che utilizzano l’intelligenza artificiale, dai social robot alle auto autonome.

Lavorare alla definizione dei comportamenti di oggetti e sistemi del genere comporta una grande responsabilità, sensibilità ed umanità. Bisogna lavorare in team con varie tipologie di esperti (da ingegneri ad umanisti) e portare il proprio contributo con umiltà. Come designer mi auguro di poter lavorare con queste nuove tecnologie, di collaborare con studiosi internazionali e continuare a stupirmi di come le persone possano appropriarsene
nella loro vita reale.

Dai tuoi profili leggo che sei molto centrata sulla ricerca, qual è la tua “giornata tipo” professionale?

Ti giuro che non avevo letto questa domanda quando rispondevo sopra :). La mia giornata tipo è molto variabile. Dipende se ho in ballo una consulenza per una compagnia oppure se posso dedicarmi ai miei progetti di ricerca. Se ho un progetto di ricerca in mano, allora mi occupo di disegnare il piano del progetto e di mandare avanti le varie fasi, dalla ricerca sul campo alla costruzione di prototipi. Significa quindi che mi occupo sia di reclutare partecipanti che di progettare gli strumenti che utilizzerò durante la ricerca o le attività da fare con loro. Qualche volta, quando ho dei risultati da comunicare o una conferenza interessante a cui partecipare, mi prendo del tempo per scrivere un articolo scientifico. Sono molto lenta se lavoro a progetti di ricerca personali.

Cerco di imparare quanto più posso. Se invece si tratta di consulenze, il tempo è pattuito dall’inizio e di solito svolgo un  progetto di innovazione oppure dei workshop in cui insegno la metodologia del People centred Design alle persone che lavorano per quella compagnia.
Di sicuro quotidianamente vado, fisicamente, in studio, dove ho tutti i miei materiali da prototipazione, i miei libri, il mio spazio.

Quale parte del tuo lavoro preferisci?

Quando metto insieme i pezzi della ricerca sul campo fatta con le persone ed iniziano ad emergere idee ed associazioni a cui non avrei mai pensate, oppure quando porto un prototipo non finito dalle persone e loro iniziano a vederci altri mille possibili significati ed utilizzi, e portano avanti il progetto in territori inesplorati.

Quali sono i tuoi strumenti di lavoro?

Carta, pennarelli, colla, macchina fotografica (che fa anche video) e un pò di computer. Questo è il corredo necessario per iniziare una ricerca nel contesto con dei partecipanti perché li intervisto, li filmo e faccio fare loro delle attività che mi aiutano ad avere insights sul loro punto di vista rispetto a ciò su cui sto focalizzando il progetto.
Poi utilizzo materiali analogici (da legno a stoffe) per costruire prototipi e, se serve, Arduino e qualche sensore, ma non sono per niente brava a programmare, quindi alla fine cerco di prototipare nel modo più indolore possibile per me. Fortunatamente per far provare l’esperienza del prodotto o del servizio ai miei partecipanti posso progettare vari modi di experience prototyping!

Al momento stai lavorando al progetto storytellers. Come nasce questo progetto?

Nasce dallo stratificarsi di vari insights che avevo raggiunto attraverso il lavoro a progetti europei sugli anziani e l’invecchiamento attivo e sul mio diventare mamma. Da un lato, la mia ricerca con persone anziane, pensionate, mi ha portato a scoprire quanto è eterogeneo oggigiorno questo gruppo di persone e a riconoscere che spesso i progetti finanziati per sviluppare oggetti, servizi ed ambienti per il loro benessere sono stereotipati sulla figura dell’anziano da assistere.

Spesso si tratta di progetti technology driven, non guidati da una iniziale ricerca sul campo ma dalle tecnologie che si sanno sviluppare. Questo determina che si scopra, solamente in un secondo tempo, la domanda di ricerca che ha veramente significato, quando si è stabilito già a priori cosa progettare. La mia partecipazione a questi progetti e l’interazione con vari anziani europei ha fatto sì che io incamerassi intuizioni sull’importanza del coinvolgimento sociale delle persone in via di pensionamento o pensionate, nonché dell’importanza di restituire loro ruolo attivo e responsabilità sociali.

Nel frattempo sono diventata mamma e ciò ha contribuito a convogliare “naturalmente” i miei interessi di ricerca sulle relazioni intergenerazionali, anche come risposta all’ approccio assistito nei confronti dei “più grandi”.

Il progetto

Il progetto Storytellers vuole incentivare le relazioni intergenerazionali affinchè le generazioni coinvolte ne traggano beneficio: adulti, bambini e giovani genitori.

Il progetto ha come scopo quello di promuovere un ecosistema di comunità che si basi su:
• l’ aspirazione degli adulti di essere utili alla società dopo il pensionamento e di creare “qualcosa di buono”per le giovani generazioni
• il bisogno dei bambini di ascoltare storie e di legarsi a persone di età differenti per il loro sviluppo psicologico
• il bisogno di aiuto nell’ educare i figli da parte dei giovani genitori.

Storytellers è un servizio delle biblioteche che unisce una comunità di lettori adulti con i bambini e le loro famiglie per momenti di lettura a distanza. I bambini usano il robot Storybell (ovvero “Campana delle storie”) per comunicare con gli adulti-lettori, la Storybell trasmette la lettura degli adulti e proietta sulle pareti le immagini della storia che si sta leggendo.Bambini e lettori si parlano come se fossero al telefono attraverso il robot Storybell.

The storytellers project: partecipa

Gli adulti che vogliono leggere ai bambini possono diventare Storytellers facendo il corso di Lettura a Distanza presso la biblioteca locale. Gli Storytellers possono stabilire i giorni e le ore in cui sono disponibili per leggere ai bambini.

Il bambino può prendere in prestito in biblioteca una Storybell da portare a casa e iscriversi al servizio con l’aiuto di mamma e papà. Quando il bambino ha voglia di ascoltare una storia, può prendere la Storybell dalla maniglia ad anello e suonarla come una campana. Allo scuotere della campana una richiesta di lettura giunge a tutti i lettori. Il primo che risponde alla richiesta sarà lo storyteller del bambino per quella volta.

Cercasi lettori

Per lo sviluppo del progetto Storytellers stai ricercando lettori adulti, pensionati e non, che si entusiasmino all’idea di poter ricevere una telefonata e leggere una storia al bambino dall’altro capo del telefono”. Quali saranno i passaggi di selezione.
Ora sto effettuando una primissima sperimentazione dell’idea del progetto in Italia e coinvolgerò 5-10 lettori senza però sviluppare nessuna nuova tecnologia. Farò provare loro l’esperienza del progetto Storytellers come se esistesse utilizzando il telefono. Il mio scopo è quello di raccogliere feedback sull’esperienza di tutte le persone coinvolte: il bambino che ascolta la storia, il lettore e il genitore (mamma/papà) che sarà chiamato a dare fiducia ad un lettore sconosciuto.

Per reclutare i lettori in questa prima fase sto utilizzando innanzitutto il mio network personale e persone che hanno partecipato ad altri progetti con me. Sto anche raggiungendo gruppi di lettura. L’entusiasmo ed un po’ di tempo disponibile sono i requisiti. Insieme ad una attrice che collabora al progetto sto pensando di fornire loro alcuni consigli utili per cimentarsi nella lettura al telefono. Pensiamo di creare un piccolo video da diffondere ai lettori. In seguito, e penso alla prossima fase di sperimentazione, il reclutamento verrebbe fatto dalle biblioteche, dove i lettori riceverebbero il piccolo training di lettura a distanza che nel frattempo avrò sviluppato con la mia collaboratrice.

Due biblioteche italiane ed una olandese mi hanno dato la loro massima disponibilità. Per questo sono sempre alla ricerca di fondi, per potermi permettere di avviare una sperimentazione più ampia e reclutare partner di progetto.

Scrivi che la tua ricerca riguarda anche scrittori e illustratori che possono essere ispirati ad inventare nuovi modi di produzione di storie. Hai già avuto qualche riscontro?

Un mio amico scrittore è molto intrigato dall’idea dello Storybell e di leggere storie a distanza. Insieme a lui e ad una illustratrice danese abbiamo fatto un piccolo esperimento iniziale per cominciare a pensare a come dovrebbe essere strutturata ed illustrata una storia affinché potesse essere letta a distanza al meglio. La sfida è quella di mantenere viva l’attenzione del bambino e rendere la lettura dialogica tra bambino e lettore.

Magari la storia può prendere varie direzioni, guidata dell’interazione bambino-lettore…ma è ancora prematuro dire qualcosa. È solo una delle possibili strade che testeremo.

La ricerca sarà rivolta anche all’ascolto?

Certo, il bambino è il principale fruitore. Lui ascolterà la storia ed interagirà con il lettore, come se si parlassero al telefono in modalità viva-voce. Per capire le reazioni del bambino alla lettura, durante questa prima fase sperimentale le sessioni di lettura a casa del bambino verranno video-registrate poiché io non potrò essere presente. Riguarderò le registrazioni ed intervisterò le mamme per capire l’esperienza che hanno vissuto i bambini ed il loro coinvolgimento.

E per finire le ultime 3 domande più leggere. Consiglia un libro

Niccolò Ammanniti, Che la festa cominci.

Consiglia un brano musicale o un cd

The Pixies, Where is my mind?

Consiglia un film

Ponyo

Hai tempo? Partecipa anche tu!

Se hai tempo, ti piace leggere e ti piace leggere libri ai bambini è possibile offrirsi come volontario e partecipare al progetto iscrivendosi. L’iscrizione è una fase molto importante perché in questa fase ci si presenta e ci si conosce. A la selezione avviene per salvaguardare i bambini.

È importante sapere, quanto dice la stessa Laura.

Amo i bambini e mi interessa che siano al sicuro, protetti e rispettati.
I bambini che partecipano al processo Storyteller saranno sempre circondati e supportati dai loro genitori durante le sessioni di co-creazione e prototipazione.
Nessuno è in pericolo di elettroshock;).
I prototipi saranno realizzati con materiali non nocivi (carta, legno, ecc.) E basati sulla tecnologia a bassa tensione.
Non c’è bisogno di avere alcuna conoscenza particolare sulla letteratura per bambini o sulla tecnologia.
Ogni sessione di co-creazione e prototipazione durerà circa un paio d’ore. Concorderemo insieme sul momento migliore per te e rispetteremo i tempi.
Mi piacerebbe incontrarti di persona e tenere sessioni pratiche con te, ma organizzerò anche con sessioni remote su Skype con persone fisicamente lontane da me che vorrebbero contribuire.
Le assunzioni si svolgono a rotazione tutto l’anno e, in base alla fase in cui si svolge il progetto, parteciperai a diverse attività di ricerca.

Grazie

Ringrazio Laura Boffi per la gentile concessione del suo tempo e delle sue parole. Io cercherò di seguire le evoluzioni di questo progetto, che spero abbia i migliori risultati e la più ampia partecipazione possibile.

Se Laura vorrà aggiornare il blog e i suoi lettori, sarò davvero felice di pubblicare i nuovi sviluppi. Ancora grazie e tutto il meglio a The storytellers project.