Quando una figlia o un figlio adolescente rifiuta di prendere lezioni private, spesso dietro al suo “no” si nascondono motivazioni più profonde di quanto possa sembrare a prima vista.
C’è chi si sente forzato a fare qualcosa di cui non avverte la necessità, chi teme di deludere le aspettative di un insegnante o dei genitori, oppure chi è convinto di essere “indietro” rispetto ai compagni e si vergogna.
In questi casi, la cosa più importante è parlare apertamente con lei o con lui: non si tratta di convincere a tutti i costi, ma di capire come si sente e quali siano i suoi reali bisogni. A volte, fissare un obiettivo concreto può aiutare a migliorare la sufficienza in una materia o a sentirsi più tranquilli durante le verifiche. Se gli studenti percepiscono di avere un traguardo chiaro e personale, probabilmente troveranno meno “indigesta” l’idea di un supporto esterno.
Odio verso lo studio
Di recente, mi ha scritto un’amica preoccupata perché la figlia, al primo anno di liceo, odia studiare. Ha provato vari tentativi, l’ha iscritta al doposcuola, ma tutto è vissuto come un’imposizione. In questi frangenti, “costringere” non funziona quasi mai a lungo termine. Ciò che serve è scoprire da dove nasce questa resistenza: può dipendere da una scarsa fiducia in sé, da un approccio alla materia poco stimolante o, talvolta, da difficoltà reali che non sono mai state affrontate.
Quel che ho pensato è che rispettare la voce della ragazza e coinvolgerla nelle decisioni (anche solo lasciandole scegliere l’insegnante o l’orario) può davvero fare la differenza, perché la fa sentire parte attiva e non semplice spettatrice di un percorso obbligato.
Un buon insegnante di doposcuola?
Un buon insegnante di doposcuola, secondo la mia esperienza (di parte), non dovrebbe soltanto spiegare i contenuti, ma anche avvicinarsi al ragazzo o alla ragazza in modo empatico.
L’obiettivo non è fare i compiti al posto dello studente, ma fornirgli uno strumento per riuscire a cavarsela in modo autonomo. Se il doposcuola diventa soltanto un luogo dove “sbrigare” pagine e pagine di esercizi, si rischia di non costruire quell’autonomia che invece è fondamentale sia per la scuola sia per la vita.
Il doposcuola non deve essere per sempre. Per esempio, le mie lezioni sono fatte per essere brevi ed efficaci.
Molti mi chiedono se non sia controproducente mandare un figlio al doposcuola, dal momento che potrebbe imparare a fare i compiti da solo fin dalle elementari. In teoria, sarebbe l’ideale: un bambino che cresce con un buon metodo di studio avrà meno bisogno di aiuto nel tempo.
Tuttavia, ogni ragazzo o ragazza vive situazioni diverse e potrebbe avere necessità di un supporto esterno – per un breve periodo oppure in modo continuativo – per superare blocchi, difficoltà o momenti di particolare stress. Piuttosto che demonizzare il doposcuola, credo sia più utile vederlo come un aiuto mirato, da affiancare all’educazione, all’autonomia. Ognuno ha i propri tempi e i propri modi per raggiungere la sicurezza necessaria a gestirsi da solo.
Pensi che le materie umanistiche siano inferiori rispetto a quelle scientifiche?
Assolutamente no, non credo che le materie umanistiche siano inferiori alle discipline scientifiche. Credo invece che siano campi di studio diversi e complementari, ognuno con il proprio ruolo e la propria dignità. Proprio come le discipline scientifiche contribuiscono in modo fondamentale alla comprensione del mondo fisico e tecnologico, le materie umanistiche aprono la porta a una riflessione profonda sulla condizione umana, sul pensiero critico e sulla nostra eredità culturale.
Studiare letteratura, storia, filosofia, latino e greco, in particolare, non significa semplicemente accedere a un patrimonio di opere del passato; significa allenare il pensiero in modo rigoroso, imparare ad apprezzare le sfumature linguistiche, a comprendere il contesto culturale da cui provengono le nostre radici e a saper “dialogare” con testi che hanno ancora molto da dire sul presente. Le lingue classiche in particolare sviluppano una capacità di analisi molto raffinata: osservare la struttura di una frase latina o greca, coglierne la logica e la precisione, richiede un tipo di ragionamento che, in forme diverse, ritroviamo anche nell’ambito matematico e scientifico.
Sia le scienze sia le discipline umanistiche contribuiscono allo sviluppo completo della persona. Da un lato, l’approccio scientifico ci fornisce strumenti indispensabili per interpretare la realtà naturale e tecnologica in cui viviamo; dall’altro, le materie umanistiche ci aiutano a comprendere il nostro vissuto, il nostro passato, a ragionare eticamente e a porci interrogativi sul futuro. In un mondo ideale, scienza e umanesimo collaborano tra loro, integrando le reciproche prospettive: è così che si forma un sapere davvero solido e “umano”.
Pertanto, più che pensare a una gerarchia tra i due ambiti, suggerisco di vederli come percorsi che, insieme, conducono a una conoscenza più completa e alla creazione di una società culturalmente e intellettualmente più ricca.
Perché ha senso studiare le materie umanistiche?
Studiare le materie umanistiche ha un valore profondo perché ci mette in contatto diretto con l’eredità intellettuale e culturale dell’umanità, offrendo nel contempo strumenti unici per lo sviluppo del pensiero critico, della capacità di analisi e dell’empatia. Ecco alcuni punti fondamentali che ne evidenziano il significato e la rilevanza:
Conoscenza delle radici culturali
Le discipline umanistiche – letteratura, storia, filosofia, lingue classiche – ci aiutano a comprendere la nostra identità collettiva e a risalire alle origini delle idee e dei valori che hanno plasmato la società in cui viviamo. Attraverso lo studio della cultura antica e moderna, costruiamo un quadro più ampio del nostro presente.
Sviluppo del pensiero critico
Le materie umanistiche spingono a interrogarsi sul significato, sul contesto e sulle possibili interpretazioni di un testo, un’opera d’arte o un evento storico. Questa allenata capacità di lettura critica si applica in modo trasversale a qualsiasi campo: dalla riflessione etica alle scelte di vita quotidiane.
Ricchezza linguistica e comunicativa
Studiare lingue e letteratura, in particolare il latino e il greco, vuol dire entrare nelle radici di gran parte delle lingue moderne e capirne la struttura e l’evoluzione. Imparare a gestire con precisione i concetti e il loro significato, inoltre, sviluppa competenze di esposizione e argomentazione fondamentali sia negli studi sia nel mondo del lavoro.
Approfondimento dell’esperienza umana
Le materie umanistiche mettono al centro l’uomo, le sue aspirazioni, i suoi dubbi, i suoi valori, da cui nascono pensieri, testi e opere che attraversano i secoli. Approfondire questi temi significa aprirsi a un dialogo con il passato, per rileggerlo in chiave moderna e trovare chiavi di comprensione utili anche alla realtà contemporanea.
Formazione completa della persona
Se le scienze ci aiutano a comprendere il “come” funziona il mondo, le discipline umanistiche ci aiutano a chiederci “perché”, e a mettere in luce il senso profondo delle nostre scelte e delle nostre scoperte. Questa sintesi tra sapere scientifico e sapere umanistico è la base di una conoscenza davvero integrata e “a misura d’uomo”.
Un atteggiamento fiducioso allo studio umanistico
Direi dunque che il “no” di un adolescente di fronte alle lezioni private non è quasi mai un semplice rifiuto della materia o dell’impegno extra, ma spesso nasconde insicurezze, timori o incomprensioni che meritano di essere accolte e comprese.
Parlare in modo aperto, senza pressioni e senza giudizi, permette di dare spazio ai suoi sentimenti e di individuare le ragioni profonde del suo malessere.
Insomma, studiare le materie umanistiche arricchisce la nostra prospettiva sul mondo e su noi stessi, allenando la mente all’analisi complessa e stimolando la creatività e la sensibilità. In un’epoca dove il progresso tecnico è sempre più rapido, la dimensione umanistica ci ricorda la centralità dell’essere umano, dei suoi valori e del suo bagaglio storico-culturale.