L’idea di uscire dai social media e di abbandonare i social nel 2025 affascina sempre più persone. Da un lato i recenti risultati delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti che hanno visto la vittoria di Donald Trump, grazie all’aiuto di Elon Musk e di molti influencer che sono scesi in campo, hanno portato molte persone a pensare che tutto quello che sta accadendo sia un rischio per la Democrazia. E quindi una parte sta decidendo di uscire dai social in segno di protesta. Dall’altro lato, altre persone sono stanche della pervasività delle piattaforme social nella loro vita quotidiana.

Ma è davvero possibile uscire completamente dall’ecosistema digitale senza compromessi? O si rischia solo di cadere in nuove dinamiche altrettanto problematiche? Ci penso, ci rifletto e non so quale sia la risposta giusta.

In questo articolo, prendo spunto da due domande pratiche che mi sono state poste da un’amica e cerco di analizzare il tema da una prospettiva concreta.

Qual è un’alternativa fattibile a WhatsApp per chi ha familiari e amici all’estero?

Questa la domanda e qui di seguito la risposta immediata. WhatsApp, come molte altre piattaforme di messaggistica, utilizza e conserva i dati degli utenti. E tanto più adesso con l’aggiornamento e l’inserimento di META AI. Per chi vuole trovare un’alternativa meno invasiva ma comunque funzionale, esistono alcune opzioni:

  • Signal: noto per la sua forte crittografia end-to-end e la politica di non raccogliere dati personali.
  • Session: un’app di messaggistica decentralizzata che non richiede numeri di telefono.
  • XMPP con client come Conversations o Monal: una soluzione open-source che permette di scegliere server di fiducia.
  • E-mail crittografate (come ProtonMail o Tutanota): sebbene non siano in tempo reale e a pagamento, possono servire per comunicazioni asincrone più sicure.

Tuttavia, il problema maggiore non è la disponibilità di alternative, ma la necessità che anche i nostri contatti le adottino. Se amici e parenti non vogliono abbandonare WhatsApp, il problema non è tanto la tecnologia, quanto la resistenza al cambiamento degli altri e la loro consapevolezza in fatto di privacy.

L’uscita dai social media: un’utopia o una scelta consapevole?

Decidere di sbarazzarsi di tutto sarebbe ed è un atto rivoluzionario. Niente social, niente smartphone, niente foto da condividere è un po’ come decidere di ritirarsi in una foresta inaccessibile, rinunciando ai ponti, alle strade e al fuoco per cucinare.

Sì, magari l’idea di uscire dai social e abbandonare ogni rete digitale sembra anche poetica, ma quando scopri che persino comunicare diventa un’impresa – niente mappe, niente banca online, niente servizi in cloud – realizzi che il mondo, in fondo, si è costruito un’enorme ragnatela tecnologica su cui ci muoviamo tutti. Se tagli questo filo, non solo cade il ragno, ma crolla un intero ecosistema.

Chiudere i social senza unirsi a nuove piattaforme porta a FOMO e incide sulla ricerca?

L’idea di chiudere i social senza rimpiazzarli con alternative solleva poi interrogativi importanti:

  • Ricerca e visibilità: per chi lavora in ambiti come il marketing, la divulgazione o la performance, l’uscita dai social può compromettere la visibilità e l’accesso a contenuti rilevanti.
  • Reti sociali e opportunità: i social sono strumenti di networking. Abbandonarli significa dover trovare altri canali per mantenere relazioni e scoprire nuove opportunità.

FOMO (Fear of Missing Out)

Il FOMO (Fear of Missing Out) è il timore di perdersi aggiornamenti, eventi, discussioni. Una paura reale per chi lavora con l’informazione o la comunicazione.

Immagina di svegliarti una mattina e scoprire che la tua piazza preferita, quella dove ogni giorno incontri amici, ascolti i discorsi più disparati e magari scopri pure qualche nuovo amico o amica, è stata chiusa. Niente più panchine su cui sedersi, niente angoli da fotografare, nessun musicista di passaggio a offrirti la sua melodia. Ecco, uscire dai social senza approdare su nuove piattaforme è un po’ come ritrovarsi davanti a una piazza deserta.

All’inizio puoi provare un senso di liberazione, come se finalmente nessuno ti stesse spiando o giudicando, ma subito dopo potresti anche avvertire il brivido freddo della solitudine, un vuoto che si fa strada perché ti chiedi cosa ti stia perdendo.

Questa sensazione ha un nome, e forse l’avrai già sentita nominare. FOMO, acronimo di Fear of Missing Out, ossia la paura di rimanere fuori dal giro. È una specie di eco che rimbomba nella testa quando tutti parlano di un evento clamoroso, di un meme esilarante o di una notizia che “spacca” e tu non hai la minima idea di cosa stiano dicendo.

Se poi il tuo mestiere ruota attorno a comunicazione, marketing o divulgazione, la faccenda si complica: uscire dai social senza un piano B è come cercare di farsi notare in una stanza buia senza nemmeno una candela in mano. Ti accorgi che mancano quei contatti e quelle conversazioni spontanee che, in un modo o nell’altro, tenevano viva la fiamma del tuo quotidiano.

Navigare senza pubblicare

Togliere di mezzo i social può sembrare un modo per nascondersi dai riflettori, ma non significa sparire davvero dal panorama digitale. Molti siti raccolgono tracce del nostro passaggio attraverso i cookie, ossia piccoli file di testo che memorizzano informazioni sulle nostre preferenze.

Anche senza pubblicare foto o aggiornamenti, il solo fatto di navigare online lascia un’impronta che alimenta un’economia dei dati (l’insieme degli scambi e delle vendite di informazioni personali) spesso guidata dai data broker, società specializzate nell’acquisire e rivendere dati a terzi.

Pensare di eludere qualunque sguardo esterno staccandosi da una piattaforma è un po’ come spegnere la radio credendo che non esistano più trasmissioni in onda.

Sicurezza informatica e cybersecurity

Questo ci porta a riflettere sulla sicurezza informatica, ossia la cybersecurity, che indica l’insieme delle pratiche e delle tecnologie mirate a proteggere i sistemi digitali e i dati dalle minacce online.

Rinunciare ai social riduce certo l’esposizione a commenti aggressivi o a contenuti indesiderati, ma non chiude fuori il mondo. È come serrare la porta di casa mentre intorno la città rimane in fermento.

Le vulnerabilità, cioè i punti deboli che rendono attaccabili i nostri dispositivi, continuano a esistere al di là delle reti sociali, e richiedono comunque consapevolezza e precauzioni costanti.

Informazione e fake news

C’è poi la questione dell’informazione che circola online, spesso mescolata a fake news, termine in inglese che indica notizie false o distorte diffuse in modo deliberato per manipolare l’opinione pubblica.

I social sono spesso additati come “cattivi maestri” perché diffondono queste storie fasulle alla velocità di un fulmine.

Tuttavia, anche fuori dalle piattaforme più comuni, il rischio di incappare in contenuti inattendibili rimane elevato. È un po’ come camminare in un mercato pieno di bancarelle variopinte: potresti evitare i venditori più rumorosi, ma non per questo sei al riparo da chi vende merce contraffatta. Imparare a riconoscere fonti credibili e a verificare le informazioni diventa essenziale, indipendentemente dalla tua presenza sui social.

Queste scelte, insomma, non riguardano soltanto l’uscita da un social o da un’applicazione. Vanno a toccare la profondità del nostro rapporto con la tecnologia nel suo complesso, e richiedono la capacità di vedere la rete per quello che è: uno strumento potente e ambivalente.

Esattamente come l’elettricità illumina le nostre città ma può causare cortocircuiti, anche i social hanno il pregio di connetterci gli uni agli altri e il difetto di trascinarci in un vortice di notifiche senza fine.

Solo riconoscendo i pro e i contro, e dando il giusto peso alla nostra presenza online, possiamo trovare la rotta ideale tra il restare in contatto con il mondo e la necessità di godere di spazi di vera calma. In fondo, è un po’ come imparare a reggere il rumore di fondo senza farsene travolgere, restando vigili ma senza rinunciare alle cose belle che la rete è ancora in grado di offrire.

L’unica vera uscita: abbandonare smartphone e internet

La questione fondamentale è: vogliamo davvero uscire dai social o vogliamo solo ridurre la loro invasività nella nostra vita?

Se l’obiettivo è eliminare totalmente la raccolta di dati personali, allora la soluzione più radicale è non solo uscire dai social, ma anche abbandonare gli smartphone e qualsiasi dispositivo connesso a internet. Attenzione, perché si tratta di una azione rivoluzionaria!

Questo implicherebbe:

  • Usare un telefono fisso per comunicare.
  • Evitare di scattare foto digitali o accettare foto da altri.
  • Rinunciare a Google Maps, ai servizi di cloud, ai pagamenti digitali.
  • Tornare alla corrispondenza cartacea per comunicazioni più riservate.

Ma a questo punto la domanda diventa: è una scelta davvero praticabile nel mondo moderno?

Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia non è solo uno strumento, ma si tratta di un’infrastruttura che permea ogni aspetto della nostra vita. Uscirne in modo selettivo (ad esempio, eliminare i social ma mantenere lo smartphone) potrebbe non risolvere il problema della raccolta dati.

Al contrario, potrebbe solo ridurre l’illusione di controllo.

Rifiuto parziale e digital detox

Se l’obiettivo, invece, è di non dipendere dai social, allora possiamo adottare strategie per limitarne l’uso senza doverli eliminare del tutto.

Tanti si rendono conto che i social funzionano come una porta girevole: entri con l’intenzione di restarci pochi minuti, poi, distratto dalle luci e dai suoni, ti ritrovi a girare in tondo e non sai più da che parte uscire.

Forse la scelta più saggia è fermarsi un attimo, togliere il dito dal tasto “aggiorna” e domandarsi: sono io a usare questa piattaforma o è lei a usare me? Limitare gli orari, impostare filtri che ti mostrino solo ciò che è davvero rilevante, ridurre all’osso le notifiche invadenti, potrebbe essere il primo passo giusto per avere un po’ di respiro senza perdere l’accesso a quel grande, caotico mare di informazioni che ci serve per lavoro o per passione.

Ad ogni modo il legittimo desiderio di staccare la spina può tradursi in una vera e propria pausa consapevole dall’uso della tecnologia, conosciuta come digital detox, che significa “disintossicazione digitale”.

È un po’ come scegliere di camminare a piedi nudi su un prato dopo aver trascorso la giornata in scarpe strette: si prova sollievo perché si lasciano alle spalle notifiche, like (approvazioni o apprezzamenti espressi con un clic) e chat frenetiche.

Tuttavia, se la motivazione non è solida o se ci si sente costretti da cause di forza maggiore, la mancanza di un obiettivo chiaro potrebbe portare a riprendere in mano lo smartphone dopo pochi giorni, magari con un senso di colpa che rende tutto più complicato.

Uscire dai social, una riflessione aperta

La vera questione dunque non è solo se sia possibile uscire dai social, ma se sia realistico farlo senza conseguenze pesanti sulla nostra vita sociale, lavorativa e personale.

Forse la soluzione non è un’uscita drastica, ma una gestione consapevole dell’uso che facciamo delle tecnologie.

Smettere di subire passivamente le piattaforme e iniziare a usarle con maggiore consapevolezza potrebbe essere un primo passo per ridurre la loro pervasività senza dover rinunciare a tutti i vantaggi che offrono.

Non si tratta dunque di rinunciare alle piazze, ma di trovare un equilibrio tra la voglia di vivere una vita più autentica e il bisogno, legittimo, di tenersi in contatto con ciò che accade nel mondo.

Uscire dai social in modo drastico rischia di farci sentire come un marinaio che strappa le vele e si butta in mare: il senso di libertà dura giusto un tuffo, poi ci si accorge di essere in balia delle correnti senza una rotta precisa.

La vera sfida è imparare a navigare con più prudenza, a scegliere quando aprire le vele al vento e quando, invece, ormeggiare il tempo e l’attenzione altrove. Solo così possiamo sperare di non rinunciare alle opportunità di crescita e di ricerca che la rete offre, evitando però di farti risucchiare dal vortice della FOMO.

In fondo, è come coltivare un giardino: non puoi semplicemente bruciare tutto e aspettarti che crescano fiori da soli, ma nemmeno lasciare che l’erbaccia prenda il sopravvento. Alla fine, si tratta di cura, consapevolezza e un pizzico di coraggio nel decidere quanto e come restare connessi.