Negli ultimi mesi si parla sempre più spesso del rapporto tra blog e intelligenza artificiale. Il web, i motori di ricerca, saranno certamente diversi da come li abbiamo conosciuti e saranno usati in modo del tutto diverso. Molti autori usiamo l’intelligenza artificiale per migliorare la qualità dei contenuti: i testi sono più chiari, più ordinati, più efficaci. Ma c’è un paradosso che inizia a farsi sentire: scriviamo meglio, ma ci leggono meno.
Tanto più che i giovani, quelli che dovrebbe leggere e formarsi, non leggono più niente. Peggio, non comprendono più quello che leggono. Anche per questo mi sono dato alla formazione scolastica.
Questo articolo nasce da un’esperienza personale e da una domanda che forse in molti ci stiamo ponendo: che ne sarà dei blog nell’era dell’AI?
Vale ancora la pena raccontarsi online? E come possiamo mantenere viva la nostra voce in un web che cambia?
Diario di un blog nell’era dell’intelligenza artificiale
Da qualche tempo il mio blog, così come i tanti siti di informazione e divulgazione, ha meno lettori rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Le visite stanno calando, i commenti, le domande, si sono fatti più rari.
La cosa, devo ammettere mi dispiace. Intanto perché dedico del tempo alla ricerca dei temi, alla scrittura, al dare un “servizio” alle persone che mi leggono. E poi perché a me pareva di aver fatto alcuni passi avanti. Negli ultimi mesi ho parlato di temi di più ampio respiro, come la lingua, il linguaggio, il potere della parola; articoli che sono scritti anche un po’ meglio rispetto a quelli del passato: testi più chiari, più ordinati, meglio strutturati.
Peccato che il mio blog è migliorato in un web che peggiora.
Intelligenza artificiale e blog personali: una convivenza difficile?
In questo contesto è doveroso farsi delle domande: è davvero il mio blog che sta perdendo interesse o siamo noi lettori ad essere cambiati?
Mi spiego meglio. Per un bel po’ di tempo ho scritto in maniera colloquiale come se parlassi ad amici: con tutto quello che comporta. Lunghe digressioni, qualche parola in più, parentesi personali e le mie domande aperte, che spesso non hanno soddisfatto i miei lettori.
Lo so perché alcuni lettori mi sottolineavano questo difetto. Come se non arrivassi mai al punto, come se non rispondessi alle domande che avevano portato quelle persone sulle mie pagine. Così ho cercato, nel tempo, di perfezionarmi. E da un po’ di tempo a questa parte pensavo di essere riuscito a rispondere a questa esigenza.
È cambiato così tanto il mio stile di scrittura? E si tratta solo dello stile?
Le abitudini di ricerca
Forse la verità è che stanno cambiando anche le abitudini delle persone.
Oggi credo che, quando qualcuno cerca un’informazione, non arriva più su un blog. E se ci arriva, ci arriva solo in un secondo momento. Le persone si fermano già alla prima risposta di Gemini, se si trovano su Google. In tanti ormai si rivolgono alle intelligenze artificiali per chiedere qualcosa. Così come, in molti staranno chiedendo molte cose a Meta AI, l’intelligenza artificiale più pervasiva di tutte, dato che si trova presente su Whatsapp e dunque su tutti gli smartphone di mezzo mondo.
Tra l’altro l’intelligenza artificiale risponde (quasi sempre) bene, in modo veloce, per buona parte gratuitamente. E per un umano è difficile competere.
Negli ultimi anni, direi anche pochi mesi, il modo in cui le persone cercano e consumano contenuti è cambiato radicalmente.
Fino a non molto tempo fa, la lotta era nello stare in prima pagina, tra i primi risultati, almeno tra i primi 10 siti del motore di ricerca. Si scorreva una breve lista di risultati. Poi se il tema era davvero di nicchia o era richiesta una ricerca più approfondita si arrivava persino alla seconda o terza pagina. Si aprivano, insomma, più schede, si leggeva, si confrontava il contenuto di un sito rispetto ad un altro. Lo faceva Google in primo luogo dando un ranking che poi veniva confermato dalla lettura delle persone.
Il tempo della ricerca
Adesso, non dico che la SEO sia morta. Anzi. C’è bisogno di una SEO Avanzata che permetta proprio di andare oltre le intelligenze artificiali.
Certo, fino a poco tempo fa, c’era un tempo della lettura e un tempo della ricerca, erano tempi distinti e separati. Oggi questi due momenti si sono fusi. L’onlife è ancora più pervasivo. Grazie all’intelligenza artificiale, sempre più accessibile e reattiva, il tempo di lettura, da parte delle persone, si è accorciato, il tempo della ricerca si è compresso e la soglia di attenzione si è abbassata notevolmente. Tutti vogliamo tutto e subito.
Oggi, le persone si aspettano di ottenere risposte veloci, dirette, precise, sintetiche e su misura, senza dover leggere un intero articolo, senza dover interpretare tra le righe, senza dover comprendere un testo complesso. E dunque le persone vogliono risposte facili. L’AI, che io ho interpretato come un segretario, è diventata una specie di “assistente personale della conoscenza”: non accompagna nell’esplorazione, ma serve, su un piatto d’argento, il risultato finale.
Nuove aspettative
E questo cambia tutto.
Non è solo una questione di tempo, ma proprio di aspettativa cognitiva. Chi cerca qualcosa sul web, oggi non vuole più “ascoltare una voce”, ma ricevere una soluzione. Questo vale per le informazioni pratiche. Ma spesso la cosa si estende anche a temi più complessi o personali. Ci si aspetta che ogni contenuto abbia una tesi chiara, una forma definita, un’utilità immediata.
Ma il mio blog — almeno per me — non è nato per dare soluzioni. Anche se ho dato consigli a tante persone che mi hanno contattato in diversi modi.
Innanzi tutto il mio blog è stato sempre un luogo di riflessione per me stesso e per i miei lettori, uno spazio di sperimentazione e un luogo dove riordinare i concetti che ho studiato negli anni. Il corso sulla progettazione chatbot è nato proprio dalla somma di tutti i miei articoli. Qui su questo sito ho affermato e confermato la funzione dell’architettura dell’informazione.
Un luogo di sfogo e confronto
Poi, nel tempo, cosa a cui ho creduto e a cui credo ancora, queste pagine sono state un luogo di confronto. Non ho mai sputato fatti o certezze. E questo forse è stato anche un difetto. Non ho seguito i trend. Non ho creato i video. Qui ho esplorato zone grigie, per stare nel dubbio e per aprire possibilità alla mia ricerca.
In fondo anche questo articolo tra blog e intelligenza artificiale è una riflessione a voce alta.
Ricordo ancora quando mi arrivò il primo commento, la paura che provai nel dover dare una risposta. Qui capii proprio la relazione con i lettori e la mia responsabilità di non far perdere tempo.
Ma è stato anche un luogo dove le mie riflessioni hanno trovato uno sfogo. L’ho già detto, ma in alcuni momenti, la scrittura, il sapere di dover pubblicare un articolo, mi ha salvato la vita.
Ha ancora senso avere un blog?
E allora mi chiedo e vi chiedo: ha ancora senso tenere in vita un blog personale, oggi?La convivenza tra Intelligenza artificiale e blog personali è ancora possibile? Lo sarà nel futuro?
Ha ancora valore raccontarsi, quando fuori da queste pagine c’è un’infinità di risposte più veloci, più esaustive, più ottimizzate? Forse i più pratici mi risponderanno che non ha più senso. In tanti hanno dismesso, già da anni, i propri blog. Già quando ho iniziato con il mio primo articolo altri blogger si dedicavano ad altro.
Io credo che abbia ancora senso. Intanto per essere un baluardo. Poi si tratta del mio archivio personale e la testimonianza di una competenza che si è sviluppata nel tempo. A luglio il blog compirà 10 anni. E se devo essere sincero, speravo in questo traguardo, ma non sapevo come ci sarei arrivato.
Penso e spero che ci sia ancora spazio per le parole scritte, per il racconto umano, per quella voce che non cerca solo di informare, ma di entrare in relazione. Per questo, oggi, scrivo questo post.
Un po’ per me, come sempre, un po’ per chi mi legge ancora. Per dire che ci sono. Che ci penso.
Condividere una ricerca
Chi mi conosce sa che non ho mai voluto insegnare niente a nessuno.
Mi piace cercare, osservare, collegare i puntini. Su questo blog non ci sono stati mai scoop, non ho avuto i mezzi, ma neanche sono andato alla ricerca, perché questo spazio è stato uno spazio di analisi, di riflessione e di raccolta.
Mi piace sbagliare strada, a volte ho esplorano luoghi interessanti, a volte ho perso del tempo, a volte sono stato troppo entusiasta, ho anticipato i tempi e poi sono rimasto indietro. È sempre stato questo il senso del mio blog: condividere una ricerca.
Dieci anni fa quando parlavo di chatbot qualcuno mi prendeva in giro. Il più gentile, quando chiedevo un parere, mi diceva che mi stavo occupando di un argomento di nicchia e non aggiungeva una parola in più sul blog, sul tema. Oggi sono tutti a parlare e dialogare con un chatbot, certamente più avanzato di quelli a cui pensavo io.
Forse proprio in questo momento, intendere l’Internet, il web, un blog, come luogo di confronto e dialogo è fallimentare.
Alla ricerca di un dialogo
E dunque se sei arrivato fino a qui devo ringraziarti di cuore. Davvero. Se ti sei accorto anche tu che qualcosa è cambiato — nel mio blog, o nel modo in cui cerchiamo le cose online — mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi.
Scrivimi, commenta, raccontami la tua esperienza.
Perché se c’è una cosa che nessuna intelligenza artificiale potrà sostituire, è questo: una vera conversazione tra persone vere.