Quando parlo di Storia come bussola intendo esporre il valore di un approccio storico come strumento essenziale per comprendere e guidare le dinamiche contemporanee.

Se hai iniziato a leggere questo testo, lungo e intenso, forse non hai neanche bisogno delle mie parole. Ma mi auguro che quanto segue sarà uno spunto di riflessione per arricchire chiunque: quanti già hanno consapevolezza dell’importanza della Storia e di coloro che, meno istruiti o lettori meno assidui, ne prenderanno consapevolezza.

Un aspetto cruciale della realtà contemporanea, che spesso passa in secondo piano perché troppo ovvio, è l’enorme mole di informazioni che riceviamo ininterrottamente da giornali, televisioni, social media e piattaforme online. Viviamo immersi in un flusso continuo di notizie che si succedono una dopo l’altra, con rapidità tale da far sì che ogni evento sembri già superato ancor prima di poterlo capire a fondo. Questo “tempo accelerato” in cui siamo costantemente proiettati in un presente perpetuo ci dà l’illusione di essere sempre aggiornati e di possedere una visione globale dei fatti; in realtà, però, spesso ci impedisce di riflettere davvero su ciò che accade.

La necessità di un filtro critico

Comprendere le vicende passate, sia quelle più remote sia quelle più recenti, ci aiuta non solo a interpretare il nostro presente, ma anche a proiettarci con maggiore consapevolezza verso il futuro. È in questa prospettiva, per esempio, che possiamo collocare la riflessione sulle trasformazioni degli Stati Uniti d’America e sulle linee di continuità – e insieme di novità – che caratterizzano la loro politica estera e interna.

Di fronte a questa proliferazione incessante di notizie, l’unico antidoto è riscoprire l’uso critico della ragione e, soprattutto, lo studio del passato.

Ancorare l’analisi degli eventi a una prospettiva storica e a un metodo rigoroso significa poter valutare la reale portata di ciò che accade. Il richiamo costante alla memoria storica ci permette di riconoscere ricorrenze e differenze, di smascherare retoriche riciclate e false promesse, di comprendere se le azioni presenti rientrano in un piano coerente o se sono frutto di opportunismo. In altre parole, la conoscenza storica e l’educazione al pensiero critico funzionano come un faro che ci aiuta a non essere travolti dalla corrente delle notizie.

L’illusione della partecipazione

Inoltre, questa condizione di informazione permanente e diffusa da molteplici fonti sembra rendere ognuno di noi protagonista e testimone privilegiato dei grandi avvenimenti del mondo. In realtà, però, ci troviamo a far scorrere notizie sullo schermo del cellulare o del computer senza avere tempo né strumenti per analizzarle con la giusta calma.

È un paradosso: più informazioni riceviamo, meno siamo in grado di fermarci a valutare il loro impatto o anche solo a confrontarle in modo sistematico. Così, la sensazione di “partecipare” agli accadimenti mondiali non coincide quasi mai con una vera conoscenza o una reale comprensione.

L’inganno del continuo presente

In un contesto in cui gli eventi sembrano non avere Storia e non lasciare tracce, il passato è rapidamente dimenticato e il futuro appare troppo remoto per preoccuparsene. Ne deriva una forma di “presentismo” che riduce ogni valutazione al qui e ora, condizionando il nostro giudizio sulle scelte politiche, economiche o sociali.

Chi governa il mondo, le Nazioni o le istituzioni si trova a operare in questa confusione informativa, dove diventa facile – a seconda della necessità del momento – dire tutto e il contrario di tutto, senza che il pubblico abbia modo di verificarne la coerenza a medio e lungo termine. L’assenza di un orizzonte storico di riferimento, infatti, toglie validità alle promesse, rende difficile ricordare gli impegni presi e fa scivolare ogni argomentazione in un mare indistinto di proclami.

La manipolazione del discorso pubblico

Allo stesso tempo, la quantità di notizie frammentarie permette ai leader e alle istituzioni di gestire con astuzia i flussi comunicativi.

Le informazioni rilevanti possono essere oscurate o messe in secondo piano, mentre dettagli marginali ma emotivamente forti catturano l’attenzione collettiva. Se ogni giorno esplode una “nuova” emergenza da commentare, l’opinione pubblica non riesce più a distinguere chiaramente ciò che conta davvero.

Svanisce così la possibilità di valutare a fondo l’operato di chi governa, di trarre conclusioni ragionate, di capire quale sia la linea politica effettiva, chi stia agendo in buona fede e chi, invece, stia puntando esclusivamente al proprio tornaconto.

Il “fallimento” dell’architettura dell’informazione

In questo, penso che l’architettura dell’informazione abbia fallito. Dieci anni fa, quando aprii questo blog, eravamo consapevoli che sarebbe arrivato uno tsunami di informazioni. Se ne parlavamo ai convegni. Si diceva che l’architettura dell’informazione sarebbe stata lo strumento per dare ordine al web e dare significato a questa mole di informazioni. La realizzazione di siti web, che avrebbero ricostruito il contesto di ciascun articolo, siti web ben progettati, avrebbe favorito il miglioramento del web e delle aziende che ne avessero fatto uso.

Quello che è accaduto, invece, è che le più avanzate metodologie sono state utilizzate e vengono utilizzate per il peggio, per truffare, ingannare, far perdere fiducia in tutto.

In pochi, troppo pochi, hanno utilizzato la progettazione per innovarsi. E la disciplina non è stata in grado di divulgarsi e diffondersi per fare massa e creare una cultura di un web migliore.

Lo scrolling continuo, in cui non si comprende più la priorità dell’informazione, ha asfaltato qualunque tentativo di un web migliore. E l’intelligenza artificiale ormai pervasiva e prepotente, in mano anche ai bambini in fase di formazione cognitiva, non lascia molto spazio alla speranza.

Lo sguardo lungo della Storia

Spesso ci fermiamo a considerare gli eventi degli ultimi decenni, immaginando che la realtà contemporanea sia frutto di dinamiche nate “ieri”. In realtà, le radici, di ciò che accade oggi, affondano in un passato molto più lontano. Come accade per ogni grande potenza, gli Stati Uniti hanno sempre oscillato tra momenti di marcato isolazionismo, diffidenza verso l’Europa (siamo il “vecchio continente” contrapposto al nuovo) e, al contempo, attenzione agli interessi economici e commerciali. Conoscere queste fasi – e non soltanto quelle più recenti, dalla Seconda guerra mondiale in poi – ci permette di cogliere il filo di continuità che spiega le mosse attuali: strategie di disimpegno o intervento, priorità economiche e commerciali, spinte ideologiche che influenzano la visione del mondo.

La rilettura del passato statunitense mostra come la lunga tradizione isolazionista sia stata spesso messa da parte solo in momenti di estrema necessità (come nel 1917, o dopo Pearl Harbor), per poi riemergere appena possibile. Da qui la persistenza di un atteggiamento che privilegia l’“interesse nazionale” rispetto all’idea di alleanze stabili e durature. E se nel dopoguerra, fino al 1989, l’“emergenza” era rappresentata dall’Unione Sovietica e dal comunismo, la fine di quell’ordine globale ha creato le premesse per un ritorno a forme più nette di diffidenza verso l’Europa, insieme a un rafforzamento di interessi prettamente interni (non soltanto economici, ma anche culturali e ideologici).

Le radici classiche dell’importanza del passato

Come cultore di Storia e letteratura greca e latina, è naturale porre l’accento su quanto il mondo antico ci abbia già mostrato il valore dell’analisi storica. Tucidice, nel suo racconto della guerra del Peloponneso, non si è limitato a narrare i fatti, ma cercò di capire le cause profonde dei conflitti e le dinamiche di potere fra le polis. Allo stesso modo, Polibio, quando scrive delle guerre puniche e dell’ascesa di Roma, si concentra sul “perché” degli avvenimenti, non soltanto sul “come”. In tutto questo, la conoscenza della storia serve a individuare analogie e differenze, affinché il presente possa essere interpretato in modo più solido.

Plutarco, sebbene fosse più interessato alla dimensione morale delle vite degli uomini illustri, evidenzia l’importanza di leggere la Storia (aggiungerei Storia come bussola) non come una cronaca di episodi isolati, ma come un tessuto di cause ed effetti che ci mostra la complessità del reale. E in questa prospettiva, i grandi storici latini (Tacito, Svetonio, ma anche Tito Livio) hanno insistito sull’idea che la Storia è uno specchio per comprendere l’essere umano, sia nelle sue virtù sia nei suoi errori. Solo chi coltiva la memoria storica è davvero capace di non ripetere gli sbagli del passato.

Continuità e novità nel caso statunitense

Gli Stati Uniti, dalla Prima guerra mondiale in poi, hanno sviluppato una relazione con l’Europa fatta di contraddizioni: da un lato, sono intervenuti nei conflitti europei, ma dall’altro lato hanno sempre cercato di preservare la propria indipendenza d’azione. Nel secondo dopoguerra, la “paura del comunismo” ha spinto la superpotenza americana a stringere legami più stretti con l’Europa, investendo nella ricostruzione e creando un sistema di alleanze che garantisse contenimento e influenza politica, economica e militare.

Tuttavia, superato il “nemico comune” dell’Urss, queste caratteristiche storiche di isolazionismo, sospetto verso l’Europa e difesa dell’interesse nazionale sono riemerse, declinandosi in nuove forme. Si vedano i recenti orientamenti della destra americana e il “Project 2025”, interpretandoli come una combinazione di diverse anime (evangelica, tecnocratica, libertaria) che, pur nelle loro differenze, trovano un comune denominatore nel ridimensionare l’intervento federale, chiudere agenzie indipendenti, ridare priorità agli interessi economici interni e riportare il Paese a un’epoca idealizzata in cui lo Stato appare meno invasivo e il mercato godeva di un’estrema libertà.

Gli effetti sul presente e le sfide per il futuro

Questa tendenza al disimpegno dagli affari europei e al perseguimento di obiettivi marcatamente americani, unita a un consolidamento di potere interno dalle tinte talvolta illiberali, non riproduce meccanicamente il passato. Nulla si ripete in modo identico, come insegnava anche Polibio. Ma questa certamente riattualizza alcuni tratti, modellandoli sulle circostanze odierne. Nel presente globalizzato e tecnologico, riportare il modello politico e sociale di fine Ottocento è quasi impossibile. Tuttavia, le istanze politiche che puntano a una riduzione della spesa sociale, a un controllo più rigido dell’istruzione e a una limitazione dei contrappesi democratici sono indicative di un ritorno a quel tipo di mentalità.

Questa involuzione democratica, se così si può definire, non cancella l’esistenza di un’opposizione, ma la relega in un ruolo minoritario, delegittimato o “bullizzato”. Non è fascismo in senso storico-tecnico, ma può diventare una “democrazia controllata” entro confini ideologici precisi.

La lezione per chi studia (e insegna) la Storia

Il messaggio principale da trasmettere a studenti, appassionati e cittadini attivi, è che i processi che riguardano la politica interna ed estera di una nazione (in questo caso gli Usa) non nascono mai dal nulla, né da scelte estemporanee di qualche singolo leader. Essi affondano in una tradizione, in un retroterra culturale e storico molto più lungo e articolato, le cui radici spesso risalgono a decenni o secoli prima.

Per questo motivo, uno studio accurato e “a tutto tondo” della Storia – con l’analisi di fonti, contesti, precedenti e conseguenze – è l’unico modo serio per comprendere perché certe decisioni vengano prese, perché certi orientamenti prevalgano, e soprattutto che cosa potremmo aspettarci in futuro. Ecco appunto Storia come bussola per il nostro viaggio.

Come studiosi, il nostro compito è coltivare la capacità critica negli studenti, insegnando loro che il passato non è un semplice archivio di date, ma un insieme di dinamiche, tensioni e narrazioni. Leggere Tacito o Livio può aiutarci a capire non solo come Roma si espandesse e dominasse sul Mediterraneo, ma anche quali meccanismi di propaganda, consenso e opposizione si sviluppassero al suo interno. Allo stesso modo, studiare la Storia della Grecia classica ci aiuta a vedere come i valori democratici e il principio di libertà si siano affermati, abbiano vacillato e infine si siano trasformati.

Queste lezioni antiche – come quelle più vicine a noi, legate alle due guerre mondiali o alla guerra fredda – ci mostrano la forza dei motivi economici, ideologici e culturali che condizionano i processi storici.

La Storia come bussola in questo mondo

Attraverso la conoscenza del passato, siamo in grado di individuare le tracce di continuità e le sferzate di novità che danno forma al presente. Se ci limitiamo a uno sguardo superficiale o limitato temporalmente, rischiamo di trascurare la complessità di un fenomeno e di interpretare erroneamente le sue motivazioni.

È dunque vitale continuare a studiare la Storia con passione e rigore, servendoci anche della grande lezione del mondo classico. Senza la memoria del passato, siamo orfani di strumenti fondamentali per decifrare l’oggi e finiamo per muoverci a tentoni nel futuro. Conoscerlo, invece, ci offre una mappa – non infallibile, ma pur sempre preziosa – per orientare al meglio il nostro cammino individuale e collettivo.

Il ruolo della scuola e della cultura

Ecco perché la scuola, l’università e in generale tutti i luoghi della cultura rivestono oggi un’importanza fondamentale. Il compito di un docente di Storia e di letteratura (sia antica sia moderna) dovrebbe essere quello di offrire agli studenti non solo informazioni, ma soprattutto chiavi di lettura, strumenti di analisi e la consapevolezza di quanto sia importante il passato nel dare forma al presente. La lezione della Storia, infatti, non riguarda soltanto la memoria di eventi lontani, ma offre una prospettiva cruciale per poter giudicare con saggezza ciò che vediamo ogni giorno.

Senza queste basi, rischiamo di rimanere intrappolati in un eterno presente, vittime di un’informazione sovrabbondante ma priva di radici e di un orizzonte temporale più ampio.

In definitiva, soltanto recuperando la dimensione storica – sia a livello individuale che collettivo – possiamo sperare di trovare una bussola in mezzo alla confusione. La Storia, il suo studio e la sua conoscenza, consente di districare le verità dalle mezze verità, di distinguere le promesse realistiche dalle pure illusioni e di comprendere davvero, alla luce degli avvenimenti passati, la direzione in cui ci stiamo muovendo.