In occasione del WIAD Palermo 2018, intervisto Luisa Di Martino.

L’evento è uno degli appuntamenti più importanti per Palermo e per la Sicilia.

WIAD Palermo 2018

Il 24 febbraio ci troveremo negli spazi di Cre.Zi. Plus – Cantieri culturali alla Zisa in Via P. Gili 4 per parlare di architettura dell’informazione. Anche Palermo, tra l’altro capitale della cultura italiana 2018, si svolgerà uno dei 56 incontri sparsi nel mondo.

I relatori del WIAD Palermo 2018

I relatori di questa giornata saremo quattro. Dico saremo, perché ci sarò anch’io a parlare e a raccontare il mio punto di vista dell’architettura dell’informazione, come al solito, infarcita di sonorità. Il tema sarà come in tutto il mondo IA for good. A Palermo declinato in “Come usare l’architettura dell’informazione per proteggere l’umanità dalla dis-informazione”.

Quindi ci sarà un grande Mauro Curcuruto che parlerà di “Realtà, finzione, discrezione. Dove finisce il ruolo del Design e comincia quello delle Persone?”. Il sottoscritto Toni Fontana parlerò di assistenza vocale con un intervento dal titolo “Senti chi parla”. La mitica Maria Cristina Lavazza esprorrà il suo “Manifesto per un design sostenibile”. E Daniele Mondello ci parlerà di come “Creare, gestire e trovare informazioni all’interno di un ambiente sanitario. Dato strutturato VS dato destrutturato”

Tra l’altro anch’io tempo fa mi ero affacciato al mondo sanitario che avrebbe bisogno di grandi opere di architettura dell’informazione sanitaria.

Intervista a Luisa Di Martino

Ad organizzare il WIAD Palermo,

insieme a Maurizio Schifano e Maria Pia Erice (che sentiremo più avanti tra le interviste),

è Luisa Di Martino.

Ho conosciuto Luisa al WIAD Palermo 2017, l’anno scorso; quando non conoscevo nessuno degli organizzatori e non sapevo cosa aspettarmi. Anche se già si capiva che il calore umano della Sicilia non ha eguali.

Luisa Di Martino è donna siciliana, ragazza palermitana. Il suo entusiasmo, la sua professionalità, il suo sorriso e la sua assertività la contraddistinguono. Ma soprattutto Luisa è una donna che sta in mezzo alla gente, che si sporca le mani organizzando, direttamente o indirettamente. È una di quelle persone che crea occasioni di incontro, per il bene comune. E lo fa in Sicilia.

E se è vero che svolgere attività di progettazione è un’azione politica, allora l’attività di Luisa Di Martino è la più alta espressione della Politica, nel senso di polis, nel territorio siciliano.

Di se stessa Lusia dice

Sono un geek umanista, un designer freelance e un tecnico. La mia educazione combina teorie e know-how.

Luisa Di Martino

Luisa Di Martino è una designer, progettista di software, disegna architetture dell’informazione, percorsi utente, interfacce basate su usabilità ed ergonomia. Mentore di  molte edizioni di Startup Weekend Palermo, è anche tra le promotrice del gruppo organizzativo dei CreativeMornings di Palermo, UX Book Club e WIAD.

Luisa, come sei venuta a contatto con l’architettura dell’informazione e l’User Experience?

Ho scoperto e amato queste discipline nel 2011, mentre scrivevo la tesi di laurea, quando finalmente sono riuscita ad inquadrare con criteri oggettivi quella sensazione di frustrazione e costante fastidio provato nella mia quotidiana esperienza da utente di pessime interfacce web.
Le ricerche bibliografiche (grazie, Luca Rosati!) mi hanno guidato nel progettare il concept di un’app che riproponesse allo studente, in chiave user-friendly, i contenuti del farraginoso portale di Unipa. Il mio interesse per l’usabilità e l’ergonomia cognitiva si è così tradotto in attenzione progettuale e demolizione costruttiva. Si tratta di discipline che riguardano chiunque, anche soltanto nel ruolo di utente finale, ma per un progettista è impossibile non sentirsi reclutato e militante.

Il tuo lavoro si svolge prevalentemente a Palermo e in Sicilia. Io ho scritto tempo fa che la Sicilia ha grande bisogno di architettura dell’informazione. Dal punto di vista professionale come vedi questa città e questa Regione?

Sono estremamente d’accordo con la tua affermazione, una cultura dell’architettura dell’informazione potrebbe avere un impatto determinante sul territorio: credo che il disinteresse per l’utente finale sia una peculiarità tutta italiana, ma se possibile la situazione in Sicilia è esasperata da una scarsa alfabetizzazione informatica e dalla gattopardesca volontà di simulare un’innovazione “di facciata”, intesa come semplice cosmesi di dinamiche poco limpide e tristemente consolidate.

Specialmente in tutte quelle situazioni e procedure che prevedono l’abbandono di un cittadino inerme davanti ai portali delle pubbliche amministrazioni malfunzionanti, incomprensibili, progettati da burocrati per rispondere a requisiti prefissati da altri burocrati, sarebbe fondamentale l’intervento di UX designer e architetti dell’informazione.
Ciò che manca a monte è una presa di coscienza, soprattutto da parte delle istituzioni, della necessità di una progettazione dal basso, collettiva, limpida e su misura.

Quale parte del tuo lavoro preferisci?

Amo (e a volte odio, non è un mistero) la relazione con la committenza, che rende ogni progetto diverso dall’altro e che mi consente di prendere a cuore e per mano ogni volta una realtà differente, accompagnandola e guidandola nel suo percorso di maturazione. Cambiare interlocutori è sempre e comunque una forma di arricchimento, come persona e come professionista.

Quali sono i tuoi strumenti di lavoro?

Carta e penna, G-suite, post-it, intuito, empatia.
In un secondo momento subentrano i software.

La tua attività partecipativa è straordinaria. Fai parte dei gruppi organizzativi dei CreativeMornings di Palermo, UX Book Club e WIAD. Come si vive in gruppo?

Together we stand, divided we fall (cit.)
Innescare e propagare dinamiche nuove e positive in una comunità ha per me una valenza quasi politica (sebbene fermamente apartitica: nel senso greco del termine, la intendo più come restituzione ai cittadini dell’amore e del senso di appartenenza verso la polis).

Per questo ritengo fondamentale che coloro che hanno scelto di restare al Sud non si arrendano passivamente all’incuria e allo status quo, ma provino ad opporre resistenza insieme, diventando artefici, dal basso, di dinamiche rivoluzionarie positive. E lo è oggi più che mai, vista la vera e propria diaspora di brillanti professionisti e studenti siciliani che non saranno, per scelta o per necessità, artefici del risollevamento delle sorti della nostra terra.

Mi piace utilizzare spesso una metafora: nella materia è l’energia di ogni singola particella che si trasmette alle altre e vince l’inerzia. Creare occasioni per scambiarsi entusiasmo e voglia di cambiamento rimette in movimento ogni particella della materia – anche quella che, avendo ceduto energia in abbondanza senza apparenti risultati, si sta “spegnendo”. Un diffuso pessimismo sta paralizzando il rinnovamento del tessuto economico e sociale di Palermo come di molte altre realtà italiane: sorridere, rimboccarsi le maniche, diffondere fiducia, aiutare gli altri a trovare la propria vocazione e mettere in comunione il capitale umano presente in ognuno di noi è già di per sé un atto sovversivo.

In Sicilia ci sono tante piccole realtà di grande interesse. A Palermo c’è una forte rigenerazione di spazi e di luoghi. Pare che qualcosa stia cambiando. E’ un cambiamento di facciata o c’è pure della sostanza? C’è una rete sul territorio o ciascuno coltiva il proprio orticello?

Ho la sensazione che la città stia cambiando negli ultimi anni, sviluppando una sensibilità nuova in tal senso. Mi piacerebbe poter parlare di un cambiamento genuino, diffuso e condiviso dalla maggioranza dei palermitani; si tratta in realtà di un’epidemia virtuosa allo stadio iniziale, con alcuni focolai di entusiasmo e rinnovamento che stanno realmente creando un impatto sul tessuto sociale, seppure circoscritto ad un target specifico.

Siamo rimasti in pochi e l’idealismo non aiuta a pagare le bollette, ma forse è proprio per questo che chi decide di lanciarsi in progetti di rigenerazione urbana lo fa con passione ed entusiasmo. Per questo ritengo fondamentale che il contagio fra luoghi, associazioni, individui, accademie, aziende sia incoraggiato da iniziative aperte, multidisciplinari e inclusive.

La rete esiste, forse anche grazie all’uso dei Social, ma rischia di disgregarsi con la partenza di ogni siciliano che fa le valigie: ha bisogno di estendersi, includendo nuovi individui, e di fortificarsi, nell’ottica di creare i presupposti relazionali e di aggregare competenze che possano generare valore e opportunità lavorative appetibili, per chi ha voglia di restare o di tornare al Sud.

Si vede e si sente che dai tutta te stessa nel tuo lavoro così come nell’organizzare eventi e divulgare l’architettura dell’informazione. C’è qualcosa che proprio si dovrebbe fare ma da sola non riesci? Ad avere tempo e denaro, cosa ci sarebbe da fare?

Formazione di qualità per tutti, a qualsiasi livello, sulle discipline inerenti alla progettazione (inclusa l’etica). Soprattutto per i formatori e i professionisti siciliani, per evitare che si adagino sulla mediocrità del contesto in cui operano, ma anche per l’imprenditore, il legislatore, l’assessore, il cittadino comune. Ridisegnando i processi con strumenti adeguati, le ricadute sui maggiori problemi della città sarebbero inimmaginabili.

Il WIAD Palermo è un momento importante per la città. Cosa ti porti dentro ogni volta che finisce?

Come per qualsiasi format internazionale che viene replicato a Palermo, per me anche WIAD è un’occasione fondamentale per dimostrare che Palermo può mettersi in gioco su una scacchiera intercontinentale, con le dovute specificità e talvolta le limitazioni che la caratterizzano.

Candidare la città ad essere presente sul mappamondo di iniziative internazionali del calibro di WIAD significa scoprire che spesso possiamo a pieno titolo confrontarci con il resto del mondo.

Perché venire al WIAD Palermo?

Quando vi ricapita l’opportunità di sentir parlare di architettura dell’informazione a Palermo, ad un evento gratuito e di partecipare persino ad un workshop di settore?

E di incontrare dei partecipanti propositivi, curiosi, frizzanti, idealisti, nerd, quelli con cui senti che sia ancora possibile far partire una pacifica rivoluzione che parte dalle idee e arriva a progetti concreti?

Consiglia un libro

Le leggi della semplicità” di John Maeda: il mantra “Semplicità significa sottrarre l’ovvio e aggiungere il significativo” è uno spunto per il designer come per chiunque di noi.

Consiglia un brano musicale o un cd

Underclass Hero” dei Sum 41. Lettura e traduzione delle lyrics obbligatoria!

Consiglia un film

Inside out. Straordinaria metafora (geniale il sistema di classificazione dei ricordi) e meritatissime lacrime!

Ringraziamenti

Con questa intervista si conclude la serie di interviste dedicate al WIAD 2018. E se sono felice di aver deciso di contattare tutti gli organizzatori dei vari WIAD, e dare voce e spazio qui sul blog, sono proprio felice di questa intervista a Luisa Di Martino. Intervista che mi rende orgoglioso si essere siciliano e in attività in questa terra difficile ma anche piena di energie inestinguibili. Per cui a lei va un grazie speciale che porterò anche in presenza, proprio il 24 febbraio.

Sono felice di aver avuto l’onore di ospitare sul blog chi sul territorio, in Italia, sviluppa e organizza eventi di divulgazione. E per questo i miei ringraziamenti vanno a tutti.

Ci dividono tanti chilometri ma ci unisce un’unica passione per il bene comune. E su questo è necessario lavorare.