Conoscere la natura umana aiuta certamente a progettare in modo migliore. Non so se sarebbe un mondo ideale, ma in un mondo distopico o robotico gli esseri umani dovrebbero prendere decisioni razionali, si dovrebbero comportare in modo coerente e sarebbero immuni da influenze esterne.

La realtà, però, è molto diversa. Ormai è risaputo ed evidente che siamo quasi sempre vittime di bias, influenze sociali e reazioni emotive poco lucide. Ma la cattiva notizia è anche una buona notizia. Conoscere questi limiti e queste tendenze dà la possibilità di progettare servizi e prodotti più efficaci, inclusivi ed etici.

Natura umana per progettare

Uno studio, riassunto nell’articolo “The bad news on human nature in 10 findings from psychology” su Aeon, elenca alcune caratteristiche meno “nobili” della mente umana, come la tendenza a enfatizzare le esperienze negative, l’autoinganno e l’ipocrisia morale.

Se trascuriamo questi aspetti nei nostri progetti, rischiamo di proporre soluzioni non aderenti alla realtà, che non risponderanno ai veri bisogni delle persone o, peggio, li metteranno in situazioni di disagio.

L’Human-Centered Design (HCD), al contrario, nasce proprio con l’obiettivo di mettere “l’umano” al centro del processo di ideazione, prototipazione e sviluppo. Questo significa che ogni progetto si avvia con una profonda comprensione di chi utilizzerà il nostro prodotto o servizio. Significa, inoltre, iterare continuamente, testando e osservando i comportamenti reali, senza affidarsi esclusivamente alle dichiarazioni di intenti delle persone (che a volte possono essere poco consapevoli o distorte). Insomma, si mette la persona al centro.

Etica e interazioni trasparenti

Un altro tema fondamentale è quello dell’etica.

Se sappiamo che le persone sono manipolabili, e che l’aggressività può emergere con facilità in contesti online, abbiamo la responsabilità di progettare interazioni trasparenti. Questo si traduce nell’evitare dark patterns (meccanismi intenzionalmente ingannevoli) e nel creare ambienti in cui le persone siano consapevoli delle proprie scelte. E che abbiano consapevolezza di come vengono utilizzati i loro dati e possano interagire in modo costruttivo con gli altri.

Riconoscere la complessità e persino le debolezze della natura umana non è un esercizio di cinismo, ma il primo passo verso un design che rispetti realmente le persone.

Così, invece di giudicare negativamente questi tratti, possiamo imparare a progettarli “intorno”, come si diceva una volta. In questo modo gli strumenti che creiamo dovrebbero essere più vicini alla vita di tutti i giorni. Certo ci saranno limiti e contraddizioni. Ma le scelte di chi progetta mirerà a migliorare l’esperienza, la fiducia reciproca e il benessere delle persone.

Si tratta del cuore dell’Human-Centered Design: progettare con l’uomo, per l’uomo, facendo i conti con la sua vera natura.

Progettare con responsabilità

Questa “cattiva notizia” della nostra natura imperfetta dunque dovrebbe diventare un’opportunità per i progettisti, i designer e tutti coloro che creano servizi e prodotti.

Comprendere i meccanismi psicologici e comportamentali ci aiuta a costruire esperienze più aderenti ai bisogni reali, più rispettose delle vulnerabilità umane e, in ultima istanza, più efficaci. Si tratta di un invito a non dare nulla per scontato, ma a mettere costantemente alla prova ipotesi e soluzioni in un processo di design iterativo e centrato sull’uomo.

10 “aspetti negativi” della natura umana

Guardiamo insieme la rassegna di questi aspetti negati, questo lato oscuro della nostra natura. Ovviamente si tratta di brevi spunti che poi ciascuno di noi potrà approfondire.

Bias e distorsioni cognitive

La nostra mente è soggetta a bias e distorsioni che ci fanno percepire la realtà in modo parziale o erroneo (ad esempio, il confirmation bias, che ci porta a cercare solo le informazioni che confermano le nostre credenze).

Impatto sul design: se non si tiene conto di questi bias, si rischia di progettare prodotti o servizi non aderenti al reale comportamento delle persone.

Negativity bias

Tendiamo a dare maggior peso alle esperienze negative rispetto a quelle positive. È nella natura umana. Un singolo feedback negativo può sovrastare numerose opinioni favorevoli e influenzare in modo più profondo le nostre decisioni.

Impatto sul design: nella definizione dell’esperienza utente, è cruciale minimizzare attriti e frustrazioni, perché gli elementi negativi vengono ricordati più intensamente.

Egocentrismo e percezione esagerata del proprio ruolo

Gli individui spesso si vedono come più importanti, centrali e “speciali” di quanto non siano davvero. Questo può portare a sopravalutare le proprie competenze o la propria conoscenza.

Impatto sul design: quando si lavora in team o si raccolgono esigenze dagli utenti, è bene considerare che ciascuno tenderà a mettere sé stesso (e la propria prospettiva) al centro, rischiando di trascurare altre voci o esigenze.

Tendenza all’autoinganno

Le persone possono coltivare convinzioni personali che non corrispondono del tutto alla realtà, per proteggere l’autostima o mantenere la coerenza interna.

Impatto sul design: nei test di usabilità o nelle interviste, le persone possono fornire risposte “distorte” senza rendersene conto. Per questo è importante integrare le ricerche qualitative con dati quantitativi (analytics, tracciamento dell’uso effettivo, ecc.).

Disimpegno morale e giustificazioni

Molti studi mostrano che, a seconda del contesto, le persone sono in grado di giustificare comportamenti poco etici o poco empatici, razionalizzandoli per evitare il senso di colpa.

Impatto sul design: una comunicazione errata, o la creazione di processi troppo complessi, possono “nascondere” la responsabilità personale, favorendo atteggiamenti di disimpegno. Per questo, un design etico e trasparente deve ricordare alle persone (e ai progettisti) l’impatto delle proprie azioni.

Conformismo e influenza sociale

Siamo più inclini a seguire l’opinione del gruppo o di un’autorità di quanto pensiamo, anche se personalmente non concordiamo.

Impatto sul design: le interfacce sociali, i sistemi di ranking e recensioni, possono sfruttare (o subire) il fenomeno della pressione sociale. È fondamentale tenere conto di questo aspetto per evitare manipolazioni indesiderate (o, almeno, per essere trasparenti sul funzionamento dell’algoritmo).

Aggressività latente

Anche se viviamo in società relativamente stabili, esistono predisposizioni all’aggressività o a reazioni emotive forti (come rabbia, frustrazione), che emergono facilmente in determinate circostanze (ad esempio, in ambienti online percepiti come anonimi). Emozioni proprie della natura umana.

Impatto sul design: le piattaforme che consentono comunicazioni (soprattutto se anonime) dovrebbero porre attenzione alla moderazione e alla prevenzione dei comportamenti tossici. L’architettura delle interazioni può influire molto sul modo in cui le persone comunicano.

Propensione alla manipolazione

Siamo sensibili a tecniche di persuasione e manipolazione (che siano pubblicitarie, politiche o sociali). Non sempre riusciamo a riconoscerle.

Impatto sul design: dal punto di vista etico, è importante evitare pattern fuorvianti (dark patterns) che puntano a sfruttare queste vulnerabilità. Al contrario, un design centrato sull’uomo punta a un rapporto trasparente e onesto con la persona.

Ipocrisia morale

Tendiamo a fare dichiarazioni di principi molto virtuosi che, però, non sempre si traducono in comportamenti coerenti.

Impatto sul design: nelle ricerche con le persone, è frequente che le persone “dicano” di desiderare un certo servizio o di usare un prodotto in un certo modo, ma poi i dati reali mostrano altre abitudini. Di nuovo, è cruciale la triangolazione di fonti diverse (dati comportamentali, interviste, osservazioni) per capire cosa le persone fanno davvero.

Instabilità emotiva e cognitivamente limitata

Le nostre decisioni e la nostra razionalità sono spesso più fragili di quanto ci piacerebbe ammettere. La stanchezza, lo stress, le emozioni, la natura umana e le limitate capacità di elaborazione cognitiva incidono pesantemente sulle scelte.

Impatto sul design: un approccio human-centered deve tener conto dei limiti umani. Interfacce semplici, informazioni chiare, percorsi agevoli possono aiutare la persona anche in condizioni di stress o fatica mentale.

Collegamento con l’Human-Centered Design

L’Human-Centered Design (HCD) si basa sulla premessa che progettiamo prodotti, servizi e sistemi per e con gli esseri umani. In tale prospettiva, conoscere a fondo i meccanismi psicologici, inclusi quelli “negativi” o disfunzionali, è determinante per creare esperienze realmente efficaci, utili ed etiche.

Ricerca etnografica e usabilità

Se le persone tendono all’autoinganno o all’ipocrisia morale, diventa indispensabile osservare i comportamenti reali in contesti d’uso. L’approccio human-centered non si basa soltanto su interviste e dichiarazioni, ma su sperimentazioni sul campo, test di usabilità, raccolta di analytics.

Progettazione inclusiva e riduzione dei bias

Tenendo presente che abbiamo forti bias cognitivi, l’HCD cerca di ridurli o di mitigarne gli effetti attraverso un design inclusivo. Ad esempio, semplificando l’accesso alle informazioni e favorendo la partecipazione di persone diverse (per provenienza socio-culturale, età, capacità fisiche e cognitive).

Empatia e trasparenza

Per contrastare manipolazione e disimpegno morale, il design human-centered punta sulla trasparenza e sull’empatia nei confronti della persona. Ciò include un linguaggio chiaro, la possibilità di capire in modo semplice come vengono usati i dati personali, e un sistema di feedback costruttivo che non nasconda le responsabilità.

Riduzione degli attriti e design “calmo”

Il negativity bias e l’aggressività latente possono emergere facilmente se un’interfaccia è complicata, provoca frustrazione o presenta molti errori. Ridurre gli ostacoli, migliorare la navigazione e progettare un flusso lineare aiutano a minimizzare reazioni emotive negative.

Sperimentazione iterativa per testare soluzioni

Sapendo che il comportamento umano è facilmente influenzabile, l’HCD prevede fasi iterative di prototipazione e testing, per verificare come effettivamente reagiscono le persone alle diverse soluzioni. I dati raccolti servono a correggere in corsa errori di valutazione e a ridurre l’effetto dei bias.

Progettare con etica

In considerazione della nostra vulnerabilità alle tecniche persuasive, è fondamentale interrogarsi sulla finalità delle soluzioni. Non si tratta solo di “far funzionare il prodotto”, ma di chiedersi se i meccanismi persuasivi incorporati nell’esperienza (notifiche, ricompense, design del flusso) siano volti a migliorare la vita delle persone o semplicemente a sfruttarne le debolezze.

La natura umana

Insomma, la natura umana è una natura complessa che richiede studio e attenzione. Anche per questo molti architetti dell’informazione e User experience designer vengono da studi psicologici. Loro conoscono bene questi lati oscuri, hanno gli strumenti per poter scavare dentro e capire meglio di altri.

Tirando acqua al mio mulino, aggiungo che questa capacità di scavo e comprensione ce l’ha chi ha messo al centro dei propri studi e della propria vita, l’Uomo, l’essere umano, ed ha appreso profondamente la lezione umanista.

Gli umanisti digitali, secondo me, sono l’avanguardia di questo modo sempre più robotico e indirizzato verso l’artificialità.