Il Business Design è un approccio strategico alla progettazione di un’idea imprenditoriale centrato sull’innovazione del modello di business per migliorare l’impatto sul mercato, dunque per creare valore.

Cos’è il Business Design e perché è importante per le aziende?

Il Business Design è un metodo che prende visione, in fase progettuale, degli ambiti aziendali per definire un’idea imprenditoriale e come realizzarla

In sintesi, gli aspetti essenziali che prende in considerazione il Business design sono:

  • l’assetto societario;
  • la gestione amministrativa;
  • la parte organizzativa;
  • l’individuazione delle competenze necessarie;
  • le risorse umane;
  • la location e le attrezzature;
  • la comunicazione e il marketing;
  • l’aspetto economico-finanziario.

Il Business Design è una metodologia manageriale che aiuta a comprendere meglio i consumatori e le potenzialità dell’impresa, per restituire valore di cui tutti possono beneficiare.

Business Design definizione IDEO

Queste definizioni però sembrano non essere molto chiare all’interno della comunità. Così Salvatore La Rosa, su facebook, precisa.

Forse vale la pena di condividere alcune definizioni di base di business design, derivate da IDEO + Rotman Business School + Roger Martin.

Salvatore La Rosa propone una serie di link da studiare che chiariscono il concetto di Business Design.

Il primo link è la Bibbia, il penultimo è il job profile tipico delle figure di business design di IDEO, l’ultimo è la sequenza completa del design del ristorante McDonald’s.

Si invita intanto a leggere e studiare il libro di Rogerl Martin, considerata la Bibbia del Business design.

Come scrive Rogerl Martin

Per innovare e vincere, le aziende hanno bisogno di un pensiero progettuale. Questa forma di pensiero è radicata nel modo in cui la conoscenza avanza da uno stadio all’altro: dal mistero (qualcosa che non possiamo spiegare) all’euristico (una regola pratica che ci guida verso la soluzione) all’algoritmo (una formula prevedibile per produrre una risposta) .

Cosa fa un Business Designer?

Un secondo link spiega cosa fa chi si occupa di business design

  • capire il business e la concorrenza
  • fornire prospettive del settore
  • progettazione di esperimenti per la prototipazione
  • misurare i risultati di quegli esperimenti
  • identificare i rischi e mitigare le strategie
  • identificare strategie di differenziazione
  • sviluppo di modelli / casi aziendali con modelli finanziari a supporto degli investimenti

E sempre più nello specifico c’è chi racconta una giornata tipo di un business designer. Oppure se vuoi scendere in campo e in azienda puoi dare un’occhiata alle posizioni aperte di IDEO e capire meglio cosa cercano.

Definizione di business design

Ancora un’altra definizione, anche in podcast

Il business design è un modo di operare che combina gli strumenti di pensatori aziendali, analisti e strateghi con i metodi e le mentalità del design. I designer aziendali pensano a come ogni elemento del modello di business influisce sull’esperienza del consumatore e del cliente.

E forse confondendo ancor di più le cose

possiamo dire che il business design applica il design e il design thinking ai problemi aziendali con l’obiettivo di dare vita all’innovazione.

Vale la pena leggere tutto l’articolo per capire meglio.

Il business design di Mc Donald’s

Precisando cos’è il business design

Salvatore La Rosa precisa

I metodi di (business) design (thinking) sono applicabili non solo alla concettualizzazione di un prodotto/servizio ma a un business model, a un business plan e al suo business case, alla strategia generale d’impresa, ad un livello più alto rispetto al portafoglio prodotti. Possono essere usati per ideare e validare un nuovo processo interno, un approccio organizzativo, una strategia specifica in un ambito funzionale aziendale (Comunicazione, Produzione etc).

Il business designer è prima di tutto una persona di strategia, che integra varie discipline, e l’output delle attività di un team di business design, quando esse sono applicate a strategie di prodotto-mercato, definisce i binari su cui poi correranno i vagoni di service e product design, produzione e organizzazione.

La figura del business Designer

Una cosa che mi lascia un po’ l’amaro in bocca è che la figura del Business Designer (così come quella del Service o in generale le attività di design) abbia sempre quella connotazione legata al concetto di “innovazione”. Per me un business designer è in primo luogo una persona in grado di far evolvere incrementalmente un business, di rendere più efficace/efficiente la sua operatività. Certo, anche di individuare nuove opportunità, che però non per forza devono essere innovative. Il rischio a mio avviso è che si fomenti questo mito della disruption (di facciata) a tutti i costi. La vera rivoluzione di apple, di tesla, di Netflix o di tutti questi brand di successo è sì nei prodotti innovativi. Ma spesso ci si dimentica di annotare che quei prodotti innovativi sono il frutto di un modello operativo interno, di una cultura aziendale di un certo tipo, di una strategia costruita a monte e nel tempo, ecc. Tutti fattori abilitanti che, sempre mia opinione, sono o dovrebbero essere il vero fulcro delle attività di design. E che per loro natura non possono che essere evolutive, incrementali, dietro le quinte, e spesso non così “wow” come la retorica della disruptive innovation vuole farci credere. 😅 Con questo non nego la possibilità / necessità di fare innovazione da parte di un’azienda. Vorrei però che venisse dato altrettanto risalto alla necessità di migliorare quello che già c’è, perché spesso sarebbe già un notevole passo avanti nel soddisfare i bisogni dei clienti/utenti e nell’ottenere risultati di business importanti.

La narrazione dell’innovazione

Salvatore La Rosa interviene proprio sulla narrazione dell’innovazione

il 99% delle attività d’innovazione non sono legate a salti radicali. Il problema è come al solito nello storytelling di massa mente la letteratura di economia dell’innovazione e la pratica aziendale dicono altro.
L’innovazione non è solo radicale (qualcosa di non esistente prima e in grado di produrre impatti forti di mercato e ritorni) ma anche incrementale, ossia un insieme di azioni combinatorie su prodotti e processi al fine di migliorarne efficacia ed efficienza.
La narrazione dell’innovazione come legata alla novità e alla disruption è una balla da startuppari e guru da palco microfonato.
Rispetto al Business Design, il processo di creazione di una strategia, di un prodotto o servizio è iterativo: lo applichi sia quando parti “da zero” e crei il nuovo assoluto sia con continuità nel tempo per “manutenere e aggiornare” la strategia (o per cambiare strada se necessario). Di conseguenza, i metodi del Business Design sono applicati nelle normali attività “quotidiane” di una persona che lavora all’indirizzamento delle attività di marketing, prodotto, design etc, non solo in presenza di una crisi o momento di trasformazione/stacco.

Abuso del termine Designer?

Raffaella Isidori continua a commentare

mah… a me sembra che sia in atto un abuso del termine designer.Non che nn sia corretto il fatto che la “progettazione” sia alla base di ogni tipologia di prodotto/servizio/impresa/attività.Tuttavia declinare il termine in qualsivoglia ambito è estremamente fuorviante e lascia intendere che se sei un “designer” puoi saltare allegramente dalla progettazione di un esperienza online alla progettazione di un business.E non è così.Uno chef è assolutamente un designer. Ma anche xxxxxxx (inserite a piacere il nome del vostro designer preferito) non si può inventare chef solo perché progetta (esattamente come essere un architetto dell’informazione non sdogana alla progettazione di spazi fisici – seppur consente una comprensione maggiore delle dinamiche)vedo questa corsa al “whathever designer” come estremamente pericolosa e portatrice, tra gli abitanti del “mondo esterno” di ulteriore confusione (con tutto il danno che questo implica).

peraltro, come se non fossimo già – in quanto designer – visti come fuffaroli addetti alla decorazione…
mi ricorda molto i tentativi di fare “rebranding” di termini chiari (es: “storytelling” vs. “concept”) o i vari “salcazzo manager/hacker/piripicchio”
il design non necessita marketing, quantomeno non così.
un nome non fa un prodotto, né fa una professione… creare confusione alimenta entropia e di sicuro non ci rende figure più “affidabili”, anzi… il rischio è fare anticultura del design, e contribuire al declino dello stesso, invece che alla sua valorizzazione

Conclusioni

Conclude Stefano Dominici

La narrazione dell’innovazione come legata alla novità e alla disruption è una balla da startuppari e guru da palco microfonato.”

Luana Donetti che già è stata ospite del blog

Mi piace leggere questi commenti. Pensavo di essere l’unica a vedere uno “storytelling di massa” (mi è piaciuta molto questa parola) fuorviante, e soprattutto parole di facciata, mitizzanti e poco concrete.

Sembra che il crafting accurato e quotidiano sia “noioso”. La qualità si vede proprio lì, invece. E le innovazioni nascono dall’avere i piedi ben piantati a terra, e dal lavoro e pensiero consistenti nel tempo.

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