In occasione del WIAD Roma 2018 intervisto Carlo Frinolli. L’evento è organizzato dalla comunità di pratica romana e con il supporto di nois3, experience design agency specializzata nell’ideazione di strategie digitali, concept visivi e applicazioni web e mobile.
WIAD Roma 2018
Al WIAD Roma ci saranno pochi ma intensi talk. Si parte con Yvonne Bindi, Architetta dell’Informazione e il suo talk “IA for good! Ma attenti al lato oscuro del design”. Lorenzo Setale, Developer “Blockchain for Good?” (in inglese). Laura Camillucci
UX Designer “IA for good… causes! Landing page: usabilità al servizio del fundraising” e Carlo Frinolli, Experience Designer & CEO con “Universal Emoji for Good”.
Intervista a Carlo Frinolli
Carlo Frinolli è un imprenditore che ha investito da anni sull’User experience. È lui, infatti, il fondatore di nois3 ed è il motore del WUD Rome. Del WUD ne ho parlato tempo fa raccontando la mia ux week rome. Carlo è tra i più attivi nella comunità romana. E come ci racconta, insieme ad un gruppo di appassionati di UX e di architettura dell’informazione, organizza e smuove la comunità per eventi di collaborazione e divulgazione come il WIAD.
Carlo, come sei venuto a contatto con l’architettura dell’informazione e l’User Experience?
Ormai sono passati un bel po’ di anni, mi ci sono avvicinato grazie alla mia passione per il design e lo sviluppo web. Addirittura penso che risalga a inizio degli anni 2000. Non la chiamavo ancora UX , ma molti dei concetti che sono poi maturati in questi ultimi anni, li avevo cominciati a veder emergere attorno a me, sia formalizzati in libri o siti, sia come concetti nella mia testa.
Poi c’è stata una enorme milestone della mia vita: a luglio del 2011 grazie a Mozilla e Desigan Chinniah ho conosciuto un Designer romano dal nome Cristiano Siri, che mi ha coinvolto nell’organizzazione della mia prima Co-design Jam e poi di seguito nel gruppo di ricerca che si chiama tutt’ora Co-Design Jam Roma. Da lì ho iniziato a sperimentare metodi di Human Centered Design e Design Thinking, che mi hanno portato alla costituzione della Experience Design Agency nois3.
Ho intervistato Bianca Bronzino che lavora nella pubblica amministrazione. Tu sei il fondatore di una agenzia user experience. Bianca ci ha raccontato di una sfida entusiasmante. Lo stesso entusiasmo c’è nel privato? Tra i tuoi clienti?
Beh guarda c’è ancora molta confusione e distanza dagli argomenti, molti che si spacciano come professionisti del settore e invece, tuttalpiù, fanno un paio di wireframe prima di aprire photoshop. Però c’è anche molta curiosità e molto interesse. Ad esempio noi abbiamo sempre registrato feedback entusiastici dopo i nostri discovery workshop di apertura dei nostri progetti. Molto spesso accompagnati da sorpresa rispetto all’ efficacia.
Tanti clienti abbiamo visto “crescere” con noi e diventare membri integranti del team di progettazione. Però c’è anche tanta strada da fare per far capire alcuni concetti. Ad esempio, recentemente ci è capitata l’ennesima proposta di lavoro in cui ci chiedevano di “fare la UX di un’applicazione che è già stata sviluppata”.
Insomma, il mondo al contrario, ancora per un po’.
Quale parte del tuo lavoro preferisci?
Senz’altro quella in cui mi trovo a dover facilitare le sessioni di scoperta e ricerca con i clienti perché riesco a entrare e a immedesimarmi nei loro problemi e nelle loro soluzioni, spesso figlie dell’ingegno basato sulle proprie competenze. Magari a un osservatore esterno possono sembrare bislacche ma poi scavando ne capisci la ratio e riesci a guidarli verso soluzioni più adatte ed efficaci per loro e i loro utenti.
Ma anche la parte in cui bisogna immaginare funzionalità o risposte mirate a soddisfare quello che definisco da sempre “il ménage à trois”, tra il cliente, i suoi utenti e il team di progettazione.
Quali sono i tuoi strumenti di lavoro?
A parte le ovvietà (laptop e telefono), posso dirti che sono la voce, i post-it, i pennarelli, Gamestorming e tutto il background fatto di esperienze e confronto con le persone che abbiamo incontrato organizzando da sette anni a questa parte le co-design jam a Roma e non solo.
Sei organizzatore del WUD e del WIAD a Roma. Credo che tu sia uno dei motori della comunità di architetti dell’informazione a Roma. Da Roma come la vedi tu questa comunità italiana?
Mi fa piacere che tu mi veda così, lo dico non per understatement ma perché davvero lo penso: non mi ci sento tanto.
So che mi sono circondato di colleghi straordinari e molto più bravi di me, di persone nella community romana che, come diciamo a Roma, danno sempre er fritto (si fanno in quattro) nonostante i propri impegni, cercando di esserci quando riescono e quindi il tributo del motore lo riserverei anche per loro. Se proprio hai voglia di una metafora motoristica a volte siamo scintilla della candela, altre motore, altre carburante.
La comunità italiana la vedo un po’ timida, nonostante i tanti anni di esperienza grazie ad Architecta e il suo summit. E un po’ scoordinata, ahimè. Questo è un peccato soprattutto perché è fatta di persone molto appassionate e incredibilmente capaci ma che faticano a darsi degli strumenti e delle informazioni condivise nell’interesse del famoso Greater Good. D’altra parte lo capisco e ne sono consapevole: le nostre attività lavorative assorbono un sacco del nostro tempo.
Organizzi da solo? Chi sono gli altri che organizzano il WIAD con te?
No assolutamente no. Il “board” tra tante virgolette di quest’anno è composto da Domenico Polimeno, prezioso e attivissimo organizzatore dell’UX Book Club di Roma e Marco Buonvino, Service Designer torinese che è stato prima a Milano (dove ha co-fondato lo UX Book Club) e ora lavora a Roma presso una grossa utility.
Poi ci sono i miei colleghi di nois3 che sono l’immancabile ingrediente affinché succeda qualcosa. Ma non posso dimenticare il supporto di Latte Creative che ci ospita e rifocilla, oltreché interviene e quello di Architecta che supporta tutti i WIAD italiani.
Gli altri anni gli ingredienti principali sono stati: progettazione, dati e comunicazione. Che state preparando? Cosa aspettarsi?
Il tema quest’anno era fin troppo facile da interpretare. IA for Good. Per questo abbiamo voluto spostare l’accento anche sull’espressione idiomatica “for good”, per sempre. Infatti stiamo preparando degli interventi che spaziano tra universalità e la persistenza, Blockchain e Emoji, oltre ché interventi apparentemente più classici e più legati al tema “per il bene” che però saranno tutt’altro che ovvi.
In particolare sono molto fiero di essere riuscito a convincere Yvonne Bindi a essere dei nostri, il suo è stato senz’altro il talk del Summit IA 2017 che ho apprezzato di più.
Di solito, invece di un workshop, a Roma organizzate i BarCamp. Perché questa scelta diversa rispetto agli altri WIAD?
Di solito… quest’anno abbiamo fatto le cose più in piccolo. Ma non escludiamo di riproporli estemporaneamente vista la richiesta impressionante che abbiamo avuto. Considerando i 50 posti disponibili abbiamo prenotazioni per più di 120 persone…
La scelta in ogni caso l’abbiamo fatta perché pensiamo che WIAD debba essere un momento più aperto e più community rispetto ad altri eventi, lasciando quindi a tutti la possibilità di venire a esprimersi e condividere uno spunto, una riflessione o un proprio progetto. Ci sembra utile avere almeno alcuni momenti in cui la frontalità della conferenza sia superata.
A che edizione siete arrivati? Come risponde la città ad eventi di questo genere? Ne percepisce l’importanza? Nel senso che a Roma accadono tante di quelle cose ed è talmente grande… che ruolo ha il WUD e il WIAD in città?
È la terza edizione quest’anno e sulla risposta credo di averti detto poco fa: siamo al 120% delle prenotazioni, quindi direi benino. 🙂
WUD e WIAD si complementano secondo me: il primo è un evento totalmente nostro e che, nel rispetto delle istanze della comunità e del networking, ci ha aiutati a posizionarci nel mercato del Design e contemporaneamente ha creato diffusione e cultura su tematiche a noi professionalmente care e non solo.
WIAD restituisce lo scettro totalmente alla community e al contempo tiene viva l’attenzione insieme alle altre iniziative (quali lo UX Book Club, il DEED Meetup, lo UX Meetup, le Co-Design Jam) con l’obiettivo dichiarato di creare humus fertile sia per i professionisti che cercano confronto sia per le aziende che cercano figure da assumere.
Infatti io fossi in voi terrei sott’occhio anche UXERS.IN nei prossimi mesi… Qualcosa bolle in pentola.
E per finire le ultime 3 domande più leggere. Consiglia un libro
Guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams, se va bene una risposta ovvia. Se cerchi una risposta da professionista per chi si avvicina alla IA ti direi “How to make sense of any mess” di Abby Covert. Se invece ti piace cucinare. “Kitchen Confidential” di Anthony Burdain. 🙂
Consiglia un brano musicale o un cd
Guarda consiglierò un brano, perché di CD non ho neanche più un lettore in casa… Rispondo con i due brani più riprodotti secondo Spotify nel 2016 e 2017: GO! Di Public Service Broadcasting e Hand that feeds di Nine Inch Nails. 🙂
Consiglia un film
The Blues Brothers. Manco a chiederlo.
Perché io in fondo li odio gli UX/UI dell’Illinois…
Grazie anche a Carlo
Grazie anche a Carlo Frinolli, per questa intervista e per le sue parole schiette e dirette come sempre. E grazie per aver trovato il tempo di scrivere in mezzo ai tanti impegni in cui ci si trova.