Cos’è l’empatia? E cosa c’entra con il design? Scopriamo insieme i rischi della sua sovrautilizzazione.

Daniela Petrillo lo chiede in maniera molto seria. E il web risponde in maniera molto interessante. Tanto che questo dialogo entra tra le conversazioni raccolte dal sito.

Origine del concetto di empatia come skill nel design

Domanda molto seria

Mi aiutate per favore a capire in quale momento della storia del design – teoria e pratica – è stato introdotto il concetto di empatia come skill (capacità) e/o come tool (strumento)? Da quale industria o area progettuale è stato trasferito e in quale momento storico è esploso come buzzword?

Domanda molto seria numero 2: esistono già percorsi di formazione per i designer (parlo di designer in senso ampio, non ux, non researcher, non professioni strettamente digital, ma in senso generale) che prevedano l’insegnamento di quel ramo della psicologia funzionale alla comprensione delle condizioni emotive?

Cos’è l’empatia?

Prima di leggere le risposte a queste domande vediamo cos’è l’empatia.

L’empatia è la capacità di comprendere e condividere i sentimenti e le esperienze di altre persone. In altre parole, l’empatia è la capacità di mettersi nei panni degli altri e di comprendere le loro emozioni e i loro punti di vista.

L’empatia può manifestarsi in molti modi diversi, come ad esempio attraverso l’ascolto attivo, l’osservazione e l’interpretazione dei segnali non verbali, o semplicemente attraverso l’immaginazione e la comprensione intuitiva degli stati d’animo altrui.

Essere empatici può aiutare a stabilire relazioni più forti e profonde con gli altri, a risolvere conflitti e a lavorare in modo più efficace con gli altri. L’empatia è spesso considerata una qualità positiva e importante nelle relazioni personali e professionali.

Empatia e vicinanza

L’empatia e la vicinanza sono concetti profondamente interconnessi, specialmente nel contesto della società moderna e del suo crescente distacco sociale.

Empatia: L’empatia è la capacità di comprendere e condividere i sentimenti altrui. È un ponte emozionale che permette alle persone di connettersi a un livello più profondo, trascendendo le barriere fisiche o culturali. Nella società odierna, l’empatia è spesso messa alla prova dalla prevalenza della tecnologia e dai social media, che possono creare un senso di connessione superficiale.

Vicinanza: La vicinanza, invece, riguarda la prossimità fisica o emotiva tra le persone. Nella nostra epoca, la vicinanza fisica è spesso trascurata a favore di quella virtuale. Le interazioni online possono dare l’illusione di una vicinanza emotiva, ma spesso mancano della ricchezza e della complessità delle relazioni faccia a faccia.

Insieme ma soli

Ne ho ampiamente scritto nell’articolo “Insieme ma soli“.

Nel cuore pulsante della nostra società moderna, assistiamo a un paradossale fenomeno: mentre le connessioni virtuali guadagnano sempre più terreno, le interazioni umane dirette sembrano perdere valore.

Questa tendenza, amplificata dall’ascesa dei social media e del web, rischia di creare un distacco crescente dalla realtà immediata e dalle persone che ci circondano fisicamente. Nonostante la nostra vita digitale sia spesso ricca di contatti, questo non sembra tradursi in un vero senso di appartenenza o di comprensione reciproca.

Invece, si insinua sottilmente un senso di alienazione e solitudine, alimentato dalla natura superficiale e curata delle nostre interazioni online. Il focus eccessivo sui social media può ridurre le nostre opportunità di sperimentare l’empatia e la connessione autentica, quelle che nascono e si sviluppano attraverso esperienze condivise, dialoghi faccia a faccia e la comprensione profonda dell’altro.

Questo distacco digitale ci allontana non solo dagli altri, ma anche da una comprensione più profonda di noi stessi e del nostro posto nel tessuto sociale. Di conseguenza, emergono domande fondamentali sulla qualità delle nostre relazioni e sulla nostra capacità di costruire comunità significative nell’era digitale.

Restare umani

Nell’era digitale, è fondamentale riscoprire e coltivare l’empatia e la vicinanza reale, qualità umane essenziali che rischiano di essere oscurate dall’onnipresenza della tecnologia.

Per creare un equilibrio sano, dobbiamo prima riconoscere come la nostra dipendenza dai mezzi digitali possa influenzare la qualità delle nostre relazioni.

Un passo importante può essere quello di limitare consapevolmente il tempo trascorso sui dispositivi elettronici, dedicando momenti specifici alle interazioni faccia a faccia, come cene in famiglia senza cellulari o passeggiate con gli amici. Questo non solo aumenta la qualità del tempo trascorso insieme, ma rinforza anche la nostra capacità di ascolto e comprensione empatica. Tuttavia, è anche cruciale riconoscere il potenziale positivo della tecnologia.

Quando usata in modo intenzionale e consapevole, può essere uno strumento per colmare le distanze fisiche, permettendoci di mantenere e rafforzare legami con persone lontane.

Piattaforme come video chiamate o chat di gruppo possono facilitare la condivisione di esperienze e emozioni, creando un senso di vicinanza che trascende le barriere fisiche. In questo modo, la tecnologia, se utilizzata con discernimento, può effettivamente rafforzare l’empatia e la connessione umana, anziché eroderle.

Bilanciare il Digitale e il Reale

Come architetti dell’informazione, abbiamo il compito non solo di progettare spazi digitali funzionali ma anche umani. Questo significa incoraggiare un uso della tecnologia che valorizzi la qualità delle relazioni piuttosto che la quantità. Suggerisco di adottare pratiche come “digital detox” periodici, in cui ci disconnettiamo consapevolmente dai nostri dispositivi per ricollegarci con noi stessi e con gli altri nel mondo fisico. È anche importante sfruttare la tecnologia per facilitare, non sostituire, le interazioni umane: ad esempio, utilizzando piattaforme digitali per organizzare incontri di persona o eventi comunitari.

L’architettura dell’autenticità

Nella tessitura intricata del nostro mondo contemporaneo, dove il digitale e il reale si intrecciano in un complicato abbraccio, emerge una domanda fondamentale: come possiamo coltivare relazioni autentiche mantenendo un equilibrio tra questi due universi? Come architetto dell’informazione, mi trovo spesso a riflettere su come la struttura e il flusso delle informazioni influenzano il nostro modo di interagire, di sentire e di vivere. In quest’epoca digitale, l’importanza dell’empatia e della vicinanza fisica ed emotiva non può essere sottolineata abbastanza.

Il valore dell’empatia in un mondo connesso

In un mondo iperconnesso, la facilità con cui interagiamo online può talvolta illuderci di una profondità relazionale che, in realtà, potrebbe non esistere. Le relazioni digitali, pur offrendo un senso di immediata connessione, spesso mancano della profondità emotiva e della complessità delle interazioni faccia a faccia.

Qui entra in gioco l’empatia, quella capacità profondamente umana di connettersi emotivamente con gli altri. L’empatia non è solo comprendere intellettualmente le esperienze altrui, ma è anche sentire con loro, un processo che richiede una presenza emotiva che va oltre il semplice scambio di messaggi o commenti.

L’insostituibile valore della vicinanza fisica ed emotiva

Nonostante l’efficacia della tecnologia nel colmare le distanze fisiche, non può replicare pienamente la ricchezza delle interazioni fisiche. Un abbraccio, uno sguardo, un sorriso condiviso nello stesso spazio e tempo hanno un potere incommensurabile. Nel progettare spazi digitali, dobbiamo quindi essere consapevoli di incoraggiare e facilitare, piuttosto che ostacolare, queste preziose connessioni umane.

Progettare per l’Umanità

La sfida per noi architetti dell’informazione è progettare “con un occhio attento all’umanità delle nostre interazioni”. Mentre navighiamo in questo mare di informazioni digitali, dobbiamo tener presente che al centro di tutto ci sono persone reali, con la necessità innata di connessioni autentiche, empatiche e significative.

L’obiettivo è quindi creare un equilibrio in cui la tecnologia non soppianti la realtà, ma la arricchisca, permettendoci di costruire un tessuto sociale più forte e più empatico.

Cosa risponde il web sull’empatia

Su IDEO e design thinking suggerisco questo post (un po’ lungo e in inglese), che porta un punto di vista secondo me non banale e critico.

Su Norman ed Emotional Design (che non era nella domanda iniziale ma si è sviluppato nei commenti): io credo che abbia avuto, come sempre, un impatto fondamentale nel diffondere l’attenzione su dimensioni aggiuntive rispetto a quelle dell’usabilità.

Ma, fermo restando che è un discorso secondo me non sovrapponibile al discorso sull’empatia, in quegli anni il testo che senz’altro mi ha regalato più spunti è senz’altro Funology, che nel frattempo è arrivato alla seconda edizione e che raccoglie tanti contributi ancora attualissimi tra cui mi vengono in mente quelli di Wright, McCarthy, Blythe, Overbeeke, Hassenzahl.

Capacità di condividere lo spazio mentale dell’altro e di simularlo

L’empatia, ovvero la capacità di condividere lo spazio mentale dell’altro e di simularlo è un atto complesso.

Non c’è dubbio che sia rilevante nel design se si riesce a mettere al centro l’altro e le sue reazioni emotive, invece, che se stessi, e a disegnare rispettando le reazioni attese o simulate, o addirittura guidati dagli insights dei possibili utenti.

Io utilizzo molto questo approccio quando i miei studenti progettano soluzioni per persone con disabilità specifiche, in quei casi addirittura parliamo di design empatico altamente personalizzato sul singolo utente ed il suo contesto.

Quanto, tuttavia, sia scalabile questo approccio fuori da specifiche nicchie è difficilissimo dirlo, i metodi e le tecniche sono le stesse dello UX design quello che cambia è la variabilità dei bisogni, ma più è ampia la popolazione con cui empatizzare più è difficile empatizzare con tutti.

Articoli utili

  • “Spark innovation through empathic design.”
  • Harvard business review, “What happened to empathic design?.”
  • Design issues; “Empathic design as a framework for creating meaningful experiences.”
  • Conference Proceedings of the Academy for Design Innovation Management.See translation.

Sistema educativo e origini

Qualcuno avanza che dovrebbe essere integrato nei percorsi scolastici per permettere alle persone di essere migliori, più risolte, il lavoro e la professionalità dovrebbero essere conseguenze dei percorsi non il fine. Certo si dovrebbe cambiare radicalmente il concetto educativo visto che ora si sta andando nella direzione opposta con il challenge based learning.

Il Master Internazionale di User Experience Psychology persegue esattamente questo obiettivo.

Il master però è completamente focalizzato sulla user experience digitale, quindi attualissimo e in grado di rispondere a un’esigenza di mercato, ma poco in linea con quanto mi interessa approfondire.

Prima della UX come conosciuta oggi, c’era appunto l’esperienza utente all’interno di contesti fisici, prima del service design c’era la fruizione di un prodotto in un tempo di latenza… Il master che mi segnalate è in linea con l’oggi, ma mi interessa comprendere le radici che hanno portato alla sua creazione.

Volendo prenderla molto alla larga per ricercare le origini dell’empatia possiamo risalire all’antropocentrismo dell’ergonomia, dapprima in uso nelle discipline mediche (strumenti e tecniche volte a ridurre dolore e invasività) e poi estesa alla psicologia ed alla sociologia ed alle altre discipline di progettazione tecnica di sistemi umani.

Come percorsi di formazione potrebbe essere interessante questo master della cattolica+polimi: non so se la parte relativa alla piscologia del corso sia legata all’empatia quanto più all’aspetto comportamentale e alle metodologie di user research. 

L’unico master che contamina psicologia (e neuroscience) e architettura è il NAAD dello IUAV, che io sappia. Ieri ho ricevuto la pubblicità di un corso in architettura psicoanalitica ma sinceramente eviterei… io sono convinta dell’importanza di qualcosa di questo tipo.

Emotional design

Provocatoriamente possiamo chiederci… Quando smettiamo di considerare l’empatia come skill utile nel design?

Perché essere empatici, progettare per le emozioni e progettare in base a scopi e motivazioni sono tre cose molto diverse.

È chiaro che il designer, in quanto essere umano, deve avere delle ragionevoli dosi di empatia. Ma dubito che un designer molto empatico possa fare un lavoro migliore di un designer ragionevolmente empatico.
Norman, con “Emotional design“, ha fatto un paio di danni enormi. Il primo, divulgare la teoria farlocca dei 3 cervelli. Il secondo, lasciar intendere che innescare emozioni positive sia il fine ultimo della progettazione.

Si possono progettare le emozioni? NO! Altrimenti gli psicoterapeuti che da sempre lavorano sulle patologie dell’asse I se ne sarebbero accorti.

Si può cercare di progettare beni e servizi capaci di aiutare le persone a soddisfare i propri bisogni e realizzare gli scopi (motivazione intrinseca ed estrinseca).

Creazione di emozioni positive

Premesso che la creazione di emozioni positive è un obiettivo di massima che implica progettare per una maggioranza di persone corrispondenti a certe caratteristiche, sempre di più si chiede al designer di ESSERE empatico senza che gli venga spiegato cosa voglia dire, cosa implichi, come usare questo atteggiamento progettuale in modo fruttuoso.

Non gli si illustrano, invece, diversi e altri approcci alla ricerca utente, come la compassione.

Comparando i risultati che ho ottenuto fino ad oggi, non ho trovato nessun testo – scientifico o meno – che validi o ancora meglio, inviti e inciti a sperimentare altro.

Zero testi sul perchè sia indispensabile che un designer faccia un percorso di terapia o che studi determinati aspetti della psicologia per poter comprendere, e quindi usare consapevolmente, i suoi personali strumenti che magari sono tutt’altro che l’empatia.

Testi sull’empatia

Il testo di partenza è “Spark Innovation Through Empathic Design” di Leonard e Rayport del 1997. Sono i primi a descrivere il processo di generazione idee che oggi chiamiamo Design Thinking.

Le Empathy Map sono state introdotte da Dave Gray inizi 2000. 

Il principale promotore del concetto di empatia nel Design è stato indubbiamente IDEO con David Kelley e la Stanford D-School sempre inizi 2000.

Qui c’è un paper che ricostruisce come il concetto è cambiato nel tempo: What Happened to Empathic Design?

A voler cercare delle radici culturali partirei dal “Participatory Design” scandinavo i cui principi sono alla base del Design Thinking e del Service Design.

Emozioni nel Design thinking

Il primo a introdurre le emozioni nell’ambito del design (del prodotto) è Don Norman in Emotional Design (2003).

Nel 2015/2016 eravamo già pieni rasi colmi di empatia nella progettazione partecipata.

La diffusione del design thinking ha sdoganato il concetto di empatia legato al design. Per quanto riguarda Don Norman sono d’accordo sulle emozione ma nello specifico sull’ empatia si è espresso in maniera critica.

Why I Don’t Believe in Empathic Design | Adobe XD Ideas

Per questo che abbiamo bisogno di team diversi e di includere nella progettazione gli utenti e gli stakeholder

Non ho mai messo in dubbio l’importanza di coinvolgere utenti e stakeholder e a mio parere l’empatia è un fattore importante per comprendere problemi e bisogni delle persone.

Aggiungo che l’empatia non è un’emozione ma piuttosto la capacità di riconoscere e comprendere le emozioni degli altri. Ovviamente sono argomenti correlati ma non sono la stessa cosa.

Un bot può essere empatico?

Come intelligenza artificiale, un bot non può provare emozioni o avere esperienze di vita proprie. Pertanto, un bot non può essere empatico nel senso tradizionale del termine.

Tuttavia, un bot può essere programmato per fornire risposte che dimostrano comprensione e interesse per il punto di vista e le emozioni degli utenti. Questo può essere fatto utilizzando tecniche di elaborazione del linguaggio naturale per analizzare il testo dell’utente e fornire risposte appropriate in base alle sue esigenze.

In altre parole, se un bot è programmato per rispondere alle esigenze dell’utente in modo compassionevole e premuroso, può simulare un comportamento empatico. Questo tipo di tecnologia può essere utile in molti contesti, ad esempio nei servizi di assistenza clienti o nella terapia online, ma è importante ricordare che un bot non può sostituire completamente l’empatia umana e l’esperienza diretta delle emozioni e dei sentimenti umani.

Come posso emulare empatia in un sito web

Puoi emulare l’empatia in un sito web creando un’esperienza utente che dimostri comprensione e attenzione per le esigenze dei visitatori. Qui ci sono alcuni modi per farlo:

Crea contenuti che siano pertinenti e utili per gli utenti: offri informazioni e risorse che possano aiutare gli utenti a risolvere i loro problemi o soddisfare le loro esigenze.

Utilizza una comunicazione personale: scrivi il tuo contenuto in modo che sembri che una persona stia parlando con l’utente. Usa un tono amichevole e cordiale.

Ascolta i feedback degli utenti: fornisci un modo per gli utenti di fornire feedback sul tuo sito web e sui tuoi servizi. Rispondi a questi feedback in modo che gli utenti sentano che la loro voce è stata ascoltata.

Utilizza il design per creare un’esperienza positiva: il design del sito web può influire sull’esperienza dell’utente. Assicurati che il tuo sito web sia facile da usare e abbia un aspetto accogliente e piacevole.

Usa le parole giuste: utilizza parole e frasi che dimostrino empatia e comprensione per le esigenze degli utenti. Ad esempio, invece di scrivere “Contattaci”, puoi scrivere “Come possiamo aiutarti?”.

In sintesi, dimostrare empatia in un sito web significa creare un’esperienza utente che dimostri comprensione e attenzione per le esigenze degli utenti. Utilizzando tecniche come la comunicazione personale, l’ascolto dei feedback degli utenti e un design accogliente, puoi creare un sito web che dimostri empatia e aiuti a costruire una connessione positiva con gli utenti.

Perché l’Empatia è così importante nel pensiero progettuale?


Rikke Friis Dam e Teo Yu Siang, già nel 2021 ne scrivevano.

È abbastanza sicuro presumere che tu voglia che i tuoi prodotti funzionino davvero, giusto? Quindi è necessario avviare il processo di progettazione con empatia, uno degli elementi più importanti sia nel pensiero progettuale che nell’area più ampia del design incentrato sull’uomo.

L’empatia è la nostra capacità di vedere il mondo attraverso gli occhi di altre persone: vedere ciò che vedono, sentire ciò che provano e vivere le cose come fanno loro. Naturalmente, nessuno di noi può sperimentare pienamente le cose come fa qualcun altro, ma possiamo tentare di avvicinarci il più possibile a questo. Raggiungiamo questo stato empatico quando mettiamo da parte le nostre idee preconcette sul mondo e scegliamo invece di comprendere le idee, i pensieri e i bisogni degli altri.

Non confondere l’empatia con la simpatia

L’empatia è spesso confusa con la simpatia: un errore che sicuramente non vuoi fare nel mondo del pensiero progettuale! La simpatia riguarda la tua capacità di mostrare preoccupazione per il benessere di un altro, ma non richiede necessariamente che tu provi ciò che fanno gli altri. Ora hai iniziato a capire cosa significa empatia, puoi vedere che c’è una netta differenza!

Inoltre, la simpatia implica spesso un senso di distacco e superiorità; quando simpatizziamo, tendiamo a proiettare sentimenti di pietà e dolore su un’altra persona. Questi sentimenti non solo hanno il potenziale per irritare le persone nel modo sbagliato, ma si rivelano anche inutili nel processo di pensiero progettuale. Nel pensiero progettuale, il tuo obiettivo è capire le persone per le quali progetti, non reagire alla loro situazione attuale in modo emotivo. La fase Empathize del pensiero progettuale richiede di visitare i tuoi utenti nei loro ambienti naturali, conoscere come si comportano e condurre interviste con loro, tutto in modo da poter creare una soluzione che aiuti a risolvere un problema che devono affrontare. Hai bisogno di empatia per raggiungere questo obiettivo, non simpatia.

Empatizzare

“Empathize” è in realtà la prima fase del processo di pensiero progettuale: cosa potrebbe esserci di più importante di così ?! Ha davvero senso quando ci pensi. Il tuo obiettivo, come designer, è acquisire una comprensione empatica delle persone per cui progetti, dopotutto! Dovresti avere un ardente desiderio di osservare, coinvolgere ed entrare in empatia con le persone per cui progetti per comprendere le loro esperienze e motivazioni. Inoltre, dovrai immergerti nel loro ambiente fisico se vuoi avere qualche possibilità di acquisire una comprensione personale più profonda dei problemi, dei bisogni e delle sfide coinvolti nella loro vita quotidiana.

L’empatia è semplicemente cruciale per un processo di progettazione incentrato sull’uomo come il pensiero progettuale in quanto ti aiuta a mettere da parte le tue supposizioni sul mondo per ottenere invece informazioni sui tuoi utenti e sui loro bisogni. La fase Empathize del processo di pensiero progettuale è un momento in cui raccogli quante più esperienze, intuizioni e osservazioni possibili, in modo da poter costruire una solida base per il resto del tuo progetto di design.

Assumi una mentalità da principiante.

Osservazioni basate su foto e video. Diari personali con foto e video. Condurre interviste con empatia. Tempesta corporea. Interagisci con utenti estremi. Il metodo dei cinque perché. Mappatura del viaggio. Abbraccia le analogie. Il metodo cosa-come-perché. Cattura e condividi storie ispiratrici.
Preferiamo undici metodi di empatia presso l’Interaction Design Foundation: quando utilizzi una varietà di metodi per acquisire empatia con i tuoi utenti, ti ritroverai con intuizioni profonde e significative.

Ciò che è bene notare è che questa fase empatica del pensiero progettuale viene denominata in modo diverso a seconda della versione della metodologia che segui. Diverse scuole e aziende che utilizzano il pensiero progettuale hanno chiamato la ricerca empatica “la fase Empathize” (come facciamo noi), “la fase di comprensione”, “la fase di ascolto” e semplicemente “guardare”, così come una serie di altri termini. Indipendentemente dalla frase che conosci, il nucleo è essenzialmente lo stesso: l’empatia è profondamente incentrata sull’uomo ed è essenziale all’inizio di qualsiasi processo di progettazione.

L’empatia è fondamentale per il successo aziendale

L’empatia può anche essere considerata una componente essenziale delle soluzioni aziendali quando si guardano le cose dal punto di vista del profitto. Puoi creare soluzioni che mancano completamente il bersaglio se sviluppi soluzioni in isolamento: devi ottenere informazioni essenziali sui tuoi utenti se vuoi rimanere rilevante nel mercato.

“Le persone ignorano il design che ignora le persone”.

— Frank Chimero, autore di La forma del design

Molti leader nei settori dell’innovazione, dell’apprendimento e dell’imprenditorialità hanno indicato tre parametri chiave che definiscono un prodotto o un servizio di successo: desiderabilità, fattibilità e fattibilità.

Non è sufficiente che la tecnologia esista (ovvero, la fattibilità sia presente) e che possano derivarne profitti o benefici aziendali (ovvero, sia praticabile). Gli utenti devono provare un senso di desiderabilità nei confronti di una soluzione. Possiamo progettare un prodotto o un servizio desiderabile solo quando i bisogni, le esperienze, i desideri e le preferenze delle persone vengono compresi correttamente.

L’empatia ti aiuta a leggere tra le righe

L’empatia è anche l’unico modo per comprendere a fondo cosa intendono le persone, piuttosto che limitarsi ad assorbire ciò che dicono. Avrai notato ormai che le persone non coprono necessariamente sempre i dettagli quando condividono storie e altre informazioni. Possono trattenere le informazioni per paura, sfiducia o un altro fattore inibitorio, sia esso interno o basato su coloro con cui interagiscono, e possono esprimersi in modo poco articolato.

Come designer:

  • Dai un senso a ciò che non viene detto o a ciò che viene accennato sotto le espressioni e le parole esterne.
  • Sviluppa intuizione, immaginazione, sensibilità emotiva e creatività in modo da poter scavare più a fondo nelle esperienze delle persone.
  • Estrai i giusti tipi di informazioni per assicurarti di fare una differenza significativa.
  • L’empatia è la differenza tra ciò che i tuoi utenti dicono al valore nominale e ciò che Jane Fulton Suri, Executive Design Director di IDEO, descrive come “atti sconsiderati”. Gli atti sconsiderati sono atti piccoli e sottili che le persone esibiscono che rivelano come i loro comportamenti sono modellati dal loro ambiente.
  • Attaccare gli occhiali da sole alla maglietta o avvolgere adesivi colorati intorno alle chiavi per differenziarli, è segno di come un ambiente imperfettamente confezionato ci costringa a una reazione quasi inconsapevole. L’empatia può aiutarci a trovare opportunità per nuove intuizioni e nuove soluzioni per aiutare le persone con questi atti non ottimali e inconsci.
  • Diventa consapevole della tua empatia

Se sei preoccupato di non essere in grado di padroneggiare la piena empatia nei confronti delle persone per cui progetti, ci sono buone notizie! I neuroscienziati hanno recentemente scoperto che l’empatia è insita nel modo in cui sono fatti gli esseri umani, ed è quindi parte integrante della nostra fisiologia. Gli esseri umani che osservano gli altri mostrano un’attività cerebrale che assomiglia a qualcuno effettivamente impegnato nell’attività osservata. In altre parole, l’empatia è una qualità innata che tutti possiamo utilizzare per progettare per le persone che ci circondano!

Pensaci: hai provato una raffica di emozioni o una scarica di adrenalina quando hai osservato qualcun altro impegnato in un’attività?

Questo perché siamo esseri empatici per nostra stessa natura. I nostri contesti sociali e metodi di apprendimento spesso lavorano per rimuovere in larga misura questa empatia innata o, per lo meno, domarla. Ma quando interagisci con le persone per cui progetti, questo muro inizia a crollare e diventi più consapevole dei tuoi livelli di empatia, specialmente se mantieni una mente aperta.

Tuttavia, tieni presente che acquisire empatia non è qualcosa che ottieni e poi ce l’hai per sempre. È un’abilità che deve essere costantemente praticata e affinata.

Non tutti riescono a cogliere facilmente l’empatia. Per alcune persone è più difficile che per altre. La neurodiversità, che è la gamma di differenze nella funzione cerebrale individuale e nei tratti comportamentali, può influenzare la facilità con cui l’empatia viene appresa e compresa. Questo è considerato come parte della normale variazione nella popolazione umana.

Quindi, non importa cosa, esercitati, esercitati, esercitati per migliorare il tuo gioco di abilità empatiche. L’empatia non è solo per gli utenti; è anche per le parti interessate e i compagni di squadra.

Progettare senza empatia: occhiali per realtà aumentata

Perché non tutti indossano occhiali per la realtà aumentata (AR) durante la loro vita quotidiana?

Probabilmente perché troviamo un po’ imbarazzante gridare comandi in pubblico! I designer sono entrati in empatia con i loro utenti quando hanno progettato questo prodotto?

Sarà interessante vedere cosa riserva il futuro a questi computer indossabili.

Cosa imparare dall’empatia

L’empatia è importante per noi designer, e in particolare nel campo del pensiero progettuale, perché ci consente di scoprire e comprendere veramente i bisogni e le emozioni latenti delle persone per cui progettiamo. La fase Empathize costituisce in realtà la prima fase del processo di pensiero progettuale e ci consente di progettare soluzioni che soddisfano tutti e tre i parametri di un prodotto o servizio di successo: desiderabilità, fattibilità e fattibilità.

Riferimenti e dove saperne di più

Sarah Gibbons, Nielsen Norman Group’s Chief Designer describes the spectrum of empathy, ranging from pity to compassion, and offers advice on how to practice empathy in UX.

The RSA short animation above is an excerpt from this TEDx Talk by Dr. Brené Brown on the power of vulnerability.

IDEO’s Design Kit details several design thinking methods and includes case studies to demonstrate their impact.

Jane Fulton Suri’s book Thoughtless Acts? pulls the curtain back at how IDEO creates people-friendly products.

What happens when we ignore individuals and focus on data and averages? When it comes to pilot safety, the results can be fatal. Here is an excerpt from Todd Rose’s book “The End of Average”.