Dire, Fare, Progettare: trasformare le idee in innovazioni pratiche nel design.

Il design, sia esso di prodotti, servizi o esperienze, è un campo in cui l’innovazione è essenziale. Ma come si può trasformare un’idea astratta in un’innovazione pratica e tangibile? Una possibile risposta può essere trovata nel modello “Dire, Fare, Progettare” proposto da Architecta per il Summit 2023.

Interazione tra linguaggio, azione e progettazione nell’Architettura dell’Informazione

Il tema centrale si concentra sull’importanza del linguaggio e del discorso nell’informare e nel guidare le azioni e le decisioni di progettazione. Nel contesto dell’UX Design il linguaggio come strumento generativo è sia un mezzo per descrivere la realtà che uno strumento per crearla. Il linguaggio, dunque, è una parte fondamentale del processo di creazione, in grado di produrre significati che si trasformano in azioni, scenari, contesti e mappe.

Questo processo di co-creazione, interdisciplinare, si interseca in vari settori del design, dall’architettura dell’informazione al service design, dal designOps allo strategic design. Tanto che la collaborazione tra queste discipline può portare a soluzioni sinergiche, innovative e trasformative.

Diventa cruciale, poi, l’idea di coinvolgimento attivo delle persone nel processo di progettazione, cercando costantemente di capire, di comunicare efficacemente e di creare linguaggi comuni tra team trasversali, clienti e persone da coinvolgere nel processo di progettazione.

Mentre si cerca di dare un senso ai prodotti e ai servizi, l’obiettivo rimane sempre quello di mantenere la funzionalità, l’usabilità e l’utilità, mettendo in luce l’importanza dell’accessibilità e della facilità d’uso nell’UX design.

Infine, il linguaggio viene visto come un’infrastruttura che consente il cambiamento e il miglioramento, sottolineando Questo suggerisce l’importanza di una comunicazione chiara e efficace nel facilitare il processo di progettazione e nel permettere che “le cose accadano”.

Dire

“Dire” si riferisce all’espressione di un’idea o di un’intenzione, rappresenta la fase in cui le idee iniziano a prendere forma.

Nel contesto del design, questo potrebbe significare definire gli obiettivi di un nuovo prodotto, identificare un problema da risolvere o esplorare nuove opportunità. Il dire richiede una comprensione profonda delle esigenze delle persone, delle tendenze del mercato e delle possibili limitazioni tecniche o di produzione.

Questa fase include la definizione degli obiettivi, l’identificazione dei problemi da risolvere e la sperimentazione di nuove opportunità.

  1. Definire gli obiettivi: prima di tutto, il designer deve definire gli obiettivi del prodotto o del progetto che sta progettando. Questi obiettivi possono variare da un progetto all’altro e possono includere diversi elementi: l’aumento delle vendite, l’ingaggio degli utenti, l’aumento della visibilità del marchio o il miglioramento dell’usabilità di un prodotto esistente. Questa fase richiede una chiara comprensione delle esigenze del cliente e delle aspettative del mercato.
  2. Identificare i problemi: il passo successivo nel processo di “Dire” è l’identificazione dei problemi che il design deve risolvere. Questo potrebbe includere problemi esistenti con un prodotto o un servizio, o nuovi problemi che potrebbero emergere a causa delle mutevoli esigenze degli utenti o delle tendenze del mercato. Il designer deve quindi utilizzare la sua comprensione del contesto (persone e mercato) per identificare questi problemi e definire le soluzioni più appropriate.
  3. Esplorare nuove opportunità: infine, il “Dire” nel design potrebbe coinvolgere anche l’esplorazione di nuove opportunità. La ricerca sul campo, potrebbe portare all’adozione di nuove soluzioni e dunque all’uso di nnuove tecnologie. Così come potrebbe coinvolgere il miglioramento di prodotti esistenti o l’adattamento a nuove esigenze degli utenti. Questa fase richiederebbe, come animali de web, una visione innovativa e la capacità di rimanere aggiornati sulle ultime tendenze e sviluppi dei settori di riferimento.

In ogni fase del “Dire”, il designer deve considerare una serie di fattori, tra cui le esigenze e le aspettative degli utenti, le tendenze del mercato, le potenziali limitazioni tecniche o di produzione, e le aspettative del cliente. Inoltre, il designer deve essere in grado di comunicare efficacemente le sue idee e intenzioni agli stakeholder del progetto, inclusi i clienti, i membri del team di progetto, e i potenziali utenti del prodotto o del servizio. In questo senso, il “Dire” nel design è tanto una questione di comunicazione e collaborazione quanto di creatività e innovazione.

Fare

“Fare”, riguarda l’attuazione pratica dell’idea.

Ciò potrebbe significare creare un prototipo di un nuovo prodotto, testarlo con gli utenti e iterare il design sulla base dei loro feedback.

In questa fase, la capacità di sperimentare, fallire e imparare rapidamente risulta fondamentale. Il fare richiede competenze tecniche, ma anche la capacità di collaborare con altri, gestire risorse e tempo, e mantenere una visione chiara dell’obiettivo finale. Così come nel fare ritroviamo la creazione di prototipi, la realizzazione di test con gli utenti e l’iterazione del design sulla base dei feedback raccolti.

  1. Creazione di prototipi: un prototipo è una versione semplificata e funzionale di un prodotto che serve a trasformare le idee in qualcosa di tangibile. Questa è una fase cruciale nel processo di “Fare”, in quanto permette ai designer di visualizzare meglio il prodotto finale e di capire come gli utenti potrebbero interagire con esso. La creazione di prototipi richiede competenze tecniche e una buona dose di creatività.
  2. Test con le persone: una volta creato il prototipo, il passo successivo è testarlo con gli utenti per raccogliere i loro feedback. Il testing con gli utenti è fondamentale perché offre un’opportunità di capire se il prodotto soddisfa effettivamente le esigenze degli utenti e se è intuitivo e facile da usare. In questa fase, le competenze di ascolto e osservazione del designer sono di estrema importanza.
  3. Iterazione del design: sulla base dei feedback raccolti durante i test con gli utenti, il designer modificherà e migliorerà il design. Questo processo di iterazione è fondamentale per affinare il prodotto e assicurarsi che sia il migliore possibile. L’iterazione può comportare sia piccoli aggiustamenti che grandi rivisitazioni del design, a seconda dei feedback ricevuti.

Durante il processo di “Fare”, la capacità di sperimentare, fallire e imparare rapidamente è fondamentale.

Ogni fallimento è un’opportunità di apprendimento che porta a miglioramenti nel design. Inoltre, questa fase richiede una buona gestione delle risorse e del tempo, la capacità di collaborare con diverse parti interessate, e una visione chiara dell’obiettivo finale. Anche se questa fase può essere impegnativa, è essenziale per trasformare un’idea da un semplice concetto a un prodotto o a un servizio funzionante e di successo.

Progettare

“Progettare” implica una visione strategica e previsionale.

Nel design, questo significa pensare a come il prodotto o servizio si inserirà nel contesto più ampio, come potrebbe evolvere nel tempo e come potrebbe influenzare o essere influenzato da altre tendenze o tecnologie. Il progettare richiede una visione globale, la capacità di anticipare cambiamenti futuri e la volontà di sfidare lo status quo.

Il termine “Progettare” nel design si riferisce alla pianificazione strategica del prodotto o del servizio. Questa fase richiede una visione a lungo termine e la capacità di prevedere come inserirsi ed evolvere nel contesto più ampio.

  1. Inserimento nel contesto: la fase di progettazione richiede che il designer consideri come il prodotto o il servizio si inserirà nel contesto più ampio. Questo può includere la considerazione di fattori come il mercato target, l’ambiente competitivo, e le tendenze attuali o future del settore. Questo inserimento nel contesto può anche richiedere l’esplorazione di come il prodotto o il servizio potrebbe interagire con o influenzare altri prodotti, servizi o tecnologie.
  2. Visione futura: un altro elemento chiave della fase di progettazione è la previsione di come il prodotto o il servizio potrebbe evolvere nel tempo. Questo può implicare la considerazione di potenziali cambiamenti nelle tecnologie, nelle tendenze del mercato, o nelle esigenze e aspettative degli utenti. Questa visione futura può aiutare a guidare le decisioni di design attuali, garantendo che il prodotto o il servizio sia flessibile e in grado di adattarsi a eventuali cambiamenti futuri.
  3. Sfida allo status quo: la fase di progettazione richiede anche la volontà di sfidare lo status quo. Questo può implicare la creazione di prodotti o servizi che sfidano le convenzioni esistenti, introducono nuove idee o approcci, o cercano di risolvere problemi in modi nuovi e innovativi. Questa volontà di sfidare lo status quo può aiutare a garantire che il design rimanga fresco, rilevante e in grado di distinguersi in un mercato competitivo.

Nel complesso, la fase di “Progettare” nel design richiede una visione globale. Questa fase è fondamentale per garantire che il prodotto o il servizio sia non solo attuale, ma anche in grado di avere successo e rimanere rilevante nel tempo.

Dire, Fare, Progettare

Il modello “Dire, Fare, Progettare” potrebbe quindi fornire una struttura utile per il processo di design.

Tuttavia, il modello “Dire, Fare, Progettare” non è senza sfide. Potrebbe essere difficile bilanciare le esigenze a breve termine (come la creazione di un prototipo funzionante) con una visione a lungo termine (come la previsione di tendenze future).

Senza contare, che la collaborazione efficace tra i membri del team, sebbene proclamata in ogni salsa, la gestione delle risorse e l’adattamento ai cambiamenti possono essere complessi e trovare forti resistenze.

Ovviamente da designer, dopo anni di blogging, non ci spaventa tutto questo. Il modello “Dire, Fare, Progettare” offre un potente quadro per l’innovazione nel design. Esso mette in luce l’importanza della definizione degli obiettivi, della sperimentazione e della visione strategica.

Ascoltare, prima di tutto

“Ascoltare” per me sta sopra il “dire, fare, progettare”. Senza ascolto non ci sarebbe nessun dire, fare o progettare.

Lo ricordo, da sociolinguista, spesso: una lingua muore quando muore il penultimo uomo che parla quella lingua. Se si parla una lingua che nessun altro comprende non c’è nessun dire.

Senza ascolto, senza un dialogo, non solo non ci sarebbe lingua, ma anche il fare sarebbe sempre qualcosa di informe, privo della memoria e dell’esperienza di altri.

L’ascolto, infatti, va oltre il semplice ricevere informazioni; implica comprendere, interpretare e acquisire consapevolezza di ciò che è realmente necessario o desiderabile.

Ascoltare attentamente e attivamente le persone, il mercato, le tendenze emergenti significa trovarsi immersi nella ricerca sul campo, nelle interviste con gli utenti, nell’analisi dei dati del mercato, o persino nell’esplorazione delle ultime innovazioni tecnologiche.

Ascolto attivo: il potere di comprendere veramente

In un mondo caratterizzato da un sovraccarico di informazioni, l’abilità di ascoltare attivamente non è solo importante, ma essenziale. L’ascolto attivo va oltre il semplice sentire le parole che vengono pronunciate. Si tratta di un processo profondo e intenzionale che implica comprendere, interpretare e rispondere all’interlocutore in modo significativo.

L’ascolto attivo è fondamentale in una serie di contesti. Nel mondo degli affari, permette ai leader di comprendere le esigenze dei loro dipendenti, clienti e stakeholder. Nell’ambito sanitario, aiuta i medici a capire i sintomi e le preoccupazioni dei loro pazienti. Nel contesto personale, favorisce relazioni più profonde e più autentiche.

Tuttavia, ascoltare attivamente non è sempre facile. E se c’è tanto malessere sommerso, a volte, è proprio per questa assenza di ascolto reciproco. Spesso, siamo distratti dai nostri pensieri, pregiudizi o presupposti. Invece di ascoltare per comprendere, tendiamo ad ascoltare per rispondere. Questo può portare a malintesi, conflitti e occasioni mancate.

L’arte perduta dell’ascolto: oltre l’inerzia mentale

Ne scrivevo già anni fa, in un articolo certamente da aggiornare, su lettura e ascolto in cui sottolineavo come l’ascolto non è cosa comune e tanto più l’ascolto attivo è qualcosa di complesso.

Lo possiamo notare nel nostro quotidiano, nelle strade. Nessuno ti ascolta, in molti parlano secondo un flusso di pensiero tutto personale. In tanti vivono come se esistessero in un mondo solitario, dove tutto è al loro servizio.

Capitava in passato e capita ancora oggi che se ci presentano ad un gruppo di persone, alla fine del giro di presentazione, ci ritroviamo a lottare per ricordare i nomi di queste persone. Perché succede questo? La risposta risiede nella nostra tendenza a non ascoltare attivamente.

In situazioni simili, siamo spesso così concentrati su noi stessi, su come dire il nostro nome correttamente, su come ci percepiranno gli altri, su come reagire a una stretta di mano, che non prestiamo la dovuta attenzione a ciò che ci viene detto.

Questa tendenza è stata anche sottolineata, per altri versi, da Luca Rosati, che ha osservato come l’interazione delle persone con l’informazione tende verso l’inerzia.

Non si tratta di una manifestazione di pigrizia, ma piuttosto di una conseguenza del principio di funzionamento del nostro cervello: il principio del minimo sforzo, o “least effort principle”. Questo principio suggerisce che il cervello tende ad adottare il percorso di minor resistenza e minimo sforzo possibile quando si tratta di processare le informazioni.

L’ascolto passivo e l’aderenza al principio del minimo sforzo possono impedirci, dunque, di partecipare pienamente e attivamente alle nostre interazioni con gli altri e con il mondo che ci circonda. Pertanto, risulta evidente che l’ascolto attivo, così come la lettura attenta, richiede un certo grado di impegno e sforzo.

Per ascoltare veramente, la nostra mente deve interrompere il suo flusso inerte e impegnarsi consapevolmente nel processo di ascolto. Questo richiede un sforzo significativo, ma gli effetti positivi dell’ascolto attivo, ossia una migliore comprensione, relazioni più profonde e una maggiore consapevolezza, valgono ampiamente il costo intellettivo.

Come tale, l’ascolto attivo è una competenza che vale la pena coltivare, nonostante la sua fatica.

Ascolta!

Il Cambridge Dictionary definisce la consapevolezza come

“la conoscenza che qualcosa esiste, o la comprensione di una situazione o di un argomento nel momento presente sulla base di informazioni o esperienze”.

Abbiamo perso l’arte, l’abilità e la pratica di prestare attenzione.
Dobbiamo (re)imparare l’arte, la scienza e l’abitudine di ascoltare i dettagli. Dobbiamo sviluppare una pratica e una nuova lente per vedere, in modo da poter riconoscere le risposte proprio di fronte a noi che non siamo riusciti a vedere.

Se si inizia a prendere questa nuova abitudine di ascolto attivo, rimarrai stupito da tutte le idee rivoluzionarie che arriveranno, della creatività che si svilupperà. Gli esperti prometto persino relazioni più sane, soddisfazione e crescita sul lavoro, intuizioni, sviluppo personale, gioia, e pace.

I tuoi occhi e le tue orecchie saranno aperti in modi che non hai mai sperimentato prima. Passerai da partecipante passivo a partecipante impegnato.

“Dammi occhi per vedere. Dammi orecchie per ascoltare. In modo che io possa capire.

Come praticare l’ascolto attivo?

Ecco alcuni suggerimenti:

  1. Sii presente: concentrati completamente sulla persona con cui stai parlando. Evita le distrazioni e cerca di non pensare a come risponderai.
  2. Mostra empatia: cerca di capire il punto di vista dell’altra persona. Questo non significa necessariamente essere d’accordo, ma piuttosto riconoscere e rispettare i loro sentimenti ed esperienze.
  3. Fai domande chiare: le domande possono aiutare a chiarire il tuo comprensione e mostrare il tuo interesse. Evita le domande chiuse che possono essere risposte con un semplice “sì” o “no”, e opta per domande aperte che incoraggiano una discussione più profonda.
  4. Fornisci feedback: riassumi ciò che hai sentito per assicurarti di aver compreso correttamente. Questo può aiutare a prevenire malintesi e dimostra che stai prestando attenzione.
  5. Sii paziente: l’ascolto richiede tempo. Non affrettare l’altro a finire o interrompere con la tua risposta.

L’ascolto attivo è una competenza che richiede pratica e impegno. Tuttavia, i benefici possono essere enormi. Può migliorare le relazioni, risolvere i conflitti, stimolare l’innovazione e, soprattutto, far sentire le persone comprese e apprezzate. In un mondo in cui parlare ad alta voce è spesso premiato, potrebbe essere il momento di riconoscere il potere silenzioso, ma profondamente influente, dell’ascolto attivo.

Ascoltare per progettare davvero

La nostra mente dovrebbe cominciare ad ascoltare veramente quello che dice l’altro. Per ascoltare, veramente, l’altro, bisogna esercitarsi, essere educati alla pratica dell’ascolto, mettere da parte le proprie domande, i propri problemi, i propri bisogni (anche fisiologici, a volte), sospendere il giudizio. Porsi davanti all’altro o accanto all’altro significa aprirsi e instaurare un rapporto di fiducia.

È quando ci si ascolta a vicenda che si dicono le più profonde verità.

È quando sappiamo di essere ascoltati veramente che riveliamo il nostro io più profondo.

Progettare insieme richiede una apertura tale da mettere da parte pregiudizi e costumi. Non è da tutti. La progettazione è dialogo, è ascolto. Perché in fondo Il design è una conversazione.