Oggi parlo dei nuovi progetti del blog Architettura dell’informazione sonora. Un post che parla di me, dei lettori abituali ma anche di coloro che ne diventeranno assidui frequentatori, arricchendolo.

Il tempo di una stagione radiofonica

Il termine di nuova stagione è stato usato da diversi esperti del web, quest’anno. Soprattutto da coloro che producono video.

Chi mi conosce sa che la mia attività principale di comunicazione si è sviluppata nell’arco di quasi 9 anni presso la radio. Ammetto di seguire e riprendere l’espressione usata da altri, ma considero l’espressione come memoria di un vocabolario che ho usato in tutti questi anni professionalmente.

Tra le cose che amo e amavo della radio era la scansione del tempo attraverso il tempo della stagione radiofonica. Tutto accadeva tra la Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia e la fine delle lezioni universitarie. Un tempo intenso in cui tutto doveva accadere e accadeva.

La pausa estiva, tra la fine di luglio e agosto, per me era il momento per riprendere fiato. Era il tempo di ricaricare le energie, pur continuando a lavorare. Tirare le somme di una stagione conclusa, verificare cosa fosse andato storto. Riflettere su cosa avevo sbagliato e selezionare le cose che dovevano continuare. Ad agosto, ritornare a casa significava assorbire un po’ di calore perso, fisicamente e umanamente. Era il tempo di riordinare le vecchie idee, scrivere e pensare alle cose da fare nel futuro. E così accadeva di anno in anno.

Una estate intensa

Quest’anno, invece, ad agosto ho lavorato. E molto intensamente. Niente vacanze. Una bella e sorprendente consulenza su chatbot e assistenza vocale, per una agenzia di cui ho grande stima, mi ha impegnato parecchio. Alcune lezioni sul social media marketing e nuove proposte professionali hanno caratterizzato questa estate 2017.

Senza dimenticare che la decisione di continuare a pubblicare senza sosta sul blog mi ha impegnato, considerato il caldo, più di quanto pensassi.

Devo dire, poi, che anche il finale di questa estate è stato molto intenso emotivamente. E adesso che a partire e salutare sono gli altri, per forza di cose, devo pensare a quello che ho da fare io, che resto.

Le conferme

Ho poco da dire sulle conferme. Il blog proseguirà nella sua pubblicazione settimanale affrontando i temi dell’architettura dell’informazione, cercherà per quanto possibile di divulgare con maggiore frequenza il tema dell’user experience e delle sonorità. Chatbot, assistenti vocali e smart speaker avranno un ruolo importante verso la fine dell’anno.

Nuovi progetti

Il blog cresce e si sviluppa. È sempre più parte di me stesso. E per me resta il luogo della sperimentazione personale. So che le cose funzionano, non perché al Master mi hanno detto che funzionano, ma perché applico teorie della comunicazione in cui credo ed elaborazioni di persone che stimo professionalmente.

Ma soprattutto so quanto funzionano. So quanto riesco a farle funzionare.

Per questo motivo intraprendo nuove avventure. In realtà tre nuovi progetti.

  1. Le interviste
  2. Immagini per un blog sonoro
  3. Una comunità di condivisione

Interviste

Una delle novità di questa nuova stagione saranno le interviste.

Dopo l’intervista estiva a Chiara Luzzana, ho pensato che sarebbe bello intervistare altre persone e dare voce ad artisti e professionisti che si occupano di sonorità.

Il rischio sarà quello di divagare senza una meta precisa. Spero di riuscire a mantenere la barra dritta e di non dare troppo adito alla mia curiosità. Ma anche se non riuscirò nell’intento, si divagherà sempre tra sonorità e progettazione. Stay tuned!

Immagini per un blog sonoro: le mie e le foto dei lettori

Il secondo dei nuovi progetti, che già ha visto la luce in questi giorni, è “Immagini per un blog sonoro”. Si tratta di un progetto fotografico personale ma aperto anche ai lettori che vorranno contribuire al progetto e al blog.

Il blog ha festeggiato il proprio anniversario proprio qualche mese fa (il 3 luglio). In questo tempo ammetto di aver avuto poco spazio per la creatività. E dunque le foto che ho utilizzato, come immagini in evidenza di ciascun post, non sono state niente di speciale. Semplicemente si è trattato di immagini di repertorio recuperate dal web.

Nella calda estate del 2017, invece, tra lavoro e buoni propositi, ho pensato di arricchire il blog di immagini originali. Intanto partendo dalle mie di foto (scattate con la mia reflex canon che neanche producono più. Attingendo e spronando da un hobby che a volte abbandono e periodicamente riprendo. Ho già richiesto ad amici e contatti le foto che penso siano coerenti con questo progetto.

E questo anche per creare una comunità di persone più visuali che vogliono porgere la propria attenzione al mondo sonoro. Basta capire come ci si relazioni con il mondo e dare spazio alla propria fantasia.

Alla ricerca di una tribù

È da tempo che sono alla ricerca di una tribù o di una comunità. Seth Godin ci ha scritto un libro sulle Tribù.

Le “tribù” sono gruppi di persone che si tengono in contatto, che si formano attorno ad un’idea, una passione, una missione. Sono organizzazioni progressiste, in rapida evoluzione, desiderose di essere guidate da un leader, e che prosperano in virtù del cambiamento. Sono dappertutto, dentro e fuori le aziende, nel pubblico e nel privato, nelle organizzazioni non-profit, nelle aule, in ogni angolo del pianeta. Grazie a internet sono cadute le barriere della distanza, dei costi e del tempo; i blog e i social network facilitano la comunicazione – quindi la nascita e la crescita – di gruppi di poche decine o di milioni di persone che hanno una passione per l’iPhone, per il vino, per uno sport, per una campagna politica o per un nuovo modo di combattere il riscaldamento globale.

Creare una comunità

Mark Zuckerberg ci ha costruito un impero sulle comunità.

Un tempo diceva che bisognava connettere le persone perché le comunità esistevano già nella realtà. Ma oggi evidentemente le cose sono cambiate, almeno sul web. E il buon Zuckerberg dice dell’altro, come annunciato qualche mese fa dalle pagine del suo blog

Mark Zuckerberg ha iniziato a celebrare il ruolo dei Gruppi nella comunità di Facebook e ringrazia gli amministratori del gruppo che li guidano. Ha anche annunciato una nuova missione per Facebook che guiderà il nostro lavoro nel prossimo decennio: dare alle persone il potere di formare comunità e unire (rendere più vicino) il pianeta.

Se qualche anno fa le comunità esistevano nella realtà oggi qualcuno si deve impegnare nel costruirle. Sempre Zuckerberg scrive in un suo post su facebook.

Dobbiamo rimanere collegati con persone che conosciamo già e a cui vogliamo bene, ma dobbiamo anche incontrare nuove persone con nuove prospettive. Abbiamo bisogno di sostegno da parte della famiglia e degli amici, ma dobbiamo anche costruire delle comunità per sostenere anche noi.

Purtroppo i tempi non sono ancora maturi. Almeno dal mio punto di vista, almeno dal mio piccolo osservatorio di provincia. Sono ancora troppe e troppo forti le diffidenze. Le paure che qualcuno possa usufruire della propria visibilità. Si ha paura che nella condivisione e nella collaborazione si perda qualcosa o qualcuno. E non è raro trovare chi scavalca e sgomita senza nessuna etica o gentilezza.

È dura

Non ne faccio una colpa per nessuno. È così. È il risultato dei tempi che stiamo vivendo. Frustrazioni e sfruttamenti nel mondo del lavoro educano alla competizione violenta. I tempi aziendali accorciano la vita vissuta, impediscono gli affetti familiari e ostacolano la visione di ciò che conta davvero.

Le aziende e i loro dirigenti, di contro, non comprendono ancora i vantaggi dell’applicazione di un nuovo modello di progettazione. E noi, che almeno teoricamente applichiamo queste teorie, a quanto pare, non riusciamo a spiegarci bene e chiaramente. Di conseguenza le commesse richieste sono ancora troppo poche per appagare i desideri lavorativi di tutti.

Per cui, se da un lato c’è la voglia di lavorare insieme, come ben predicato dalle discipline multidisciplinari che diciamo di praticare, dall’altro lato ciascuno ha paura di perdere quel poco che ha e che si è conquistato a fatica.

Condividere i talenti

Quando facevo i corsi di formazione ai ragazzi della radio, iniziavo sempre con una premessa. Io sono cattolico, sono un cattolico praticante (oggi un po’ meno) e leggo spesso il Vangelo e Atti degli apostoli. Nuova versione ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana. A tal proposito raccontavo e ricordavo la mia parabola preferita. Ossia la parabola dei talenti dal Vangelo secondo Matteo 25,14-30.

Papa Francesco scrive a tal proposito

La buca scavata nel terreno dal «servo malvagio e pigro» (v. 26) indica la paura del rischio che blocca la creatività e la fecondità dell’amore. Perché la paura dei rischi dell’amore ci blocca. Gesù non ci chiede di  conservare la sua grazia in cassaforte! Non ci chiede questo Gesù, ma vuole che la usiamo a vantaggio degli altri. Tutti i beni che noi abbiamo ricevuto sono per darli agli altri, e così crescono.

A prescindere dal proprio credo e dalla vostra Fede, chiedevo e chiedo, ancora oggi, a tutti, di condividere i propri talenti. Che, poi, nell’insegnare, ad apprendere veramente è quasi sempre l’insegnante.

Un nuovo mondo è possibile

Questo blog è nato per condividere una passione e una visione. Anche una professione. Per me l’architettura dell’informazione è stata una rivelazione. E in quanto tale ritengo che debba essere divulgata. Anche se mi sono ritirato nella profonda provincia. Anche se ho dismesso la competizione.

Il lavoro nelle aziende di prestigio, a cui ho ambito per anni (e i cui richiami spesso mi ravvivano), mi interessa sempre meno. Quel lavoro mi appare, oggi, come la corsa del criceto all’interno di una ruota. A volte la ruota, a sorpresa e senza preavviso alcuno, diventa un ingranaggio. E a dirla tutta, non mi va, né di ritornare dentro la ruota, né di farmi stritolare dall’ingranaggio, né tanto meno di farmi calpestare da chi mi vede come un ostacolo o addirittura un pericolo.

Non può essere questo il fine a cui sono/siamo stati destinati. Un nuovo mondo è possibile. Un altro mondo migliore è da costruire. E se c’è un paradiso o un inferno dei viventi cerco di

riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

Il futuro del blog: la comunità di condivisione

Ed è questo lo spazio che voglio far crescere. Mi piacerebbe farlo insieme ad altri. Non in competizione, non da solo. Forse non è tempo, come dicevo poco fa, ma ci voglio provare.

Con il tempo, mi auguro che questo blog diventi un punto di riferimento per altri. Per chi, come me, si sente ed è lontano fisicamente e virtualmente da e a qualunque centro voi vi relazionate.

Non c’è nulla da spartirsi. Semmai tutto da condividere. Offro il primo giro di birra o di vino (o un bicchiere d’acqua, se non gradite), un po’ d’ombra e una sedia. Il resto tocca a voi. Fatevi sentire!