Quando parliamo di logo, per un brand, tutti pensiamo ad un elemento visivo. Che logo derivi dal greco “Logos” cioè Parola è un particolare per classicisti. Ma noi a quanto pare lo abbiamo copiato dagli inglesi. Durante la progettazione di una azienda, nella fase grafica di un sito, per la creazione di quella che un tempo si chiamava immagine coordinata, si crea un logo anche se sarebbe più corretto chiamarlo logotipo, parola grafica appunto, o ancor meglio, marchio.

Logo o Logotipo?

Nei dizionari la parola Logo non ha definizione e rimanda alla parola logotipo. E la Treccani così lo definisce:

dall’ingl. logotype, comp. del gr. λόγος «parola» e ingl. type «lettera» Forma accorciata di logotipo, nel suo significato pubblicitario e nel linguaggio della pubblicità il modo particolare con cui sono tracciati i segni grafici del nome di una azienda o di un prodotto, e che di solito ne costituisce anche il marchio. Spesso abbreviato in logo.

Il logo che è parola, e dunque elemento sonoro, linguistico, orale, è diventato, da un certo punto in poi della Storia, un elemento visivo, parola stampata con caratteristiche grafiche; in italiano, l’audiologo è lo specialista di audiologia, ossia il ramo dell’otorinolaringoiatria che studia l’organo uditivo e le sue funzioni.

Ci ritornerò più avanti (promesso) anche se già vi ho dato qualche indizio. In questo post volevo parlarvi del marchio sonoro, del logo sonoro, di quello che in inglese più correttamente si dice sound branding, presente su tutti i nostri dispositivi mobili o desk. E’ il suono che tutti attendiamo, è il suono che se non sentiamo ci fa preoccupare e ci mette ansia. Tutti i nostri dispositivi elettronici con cui ci interfacciamo, PC, telefonini, mp3 portatili, tablet, hanno in sé dei suoni che li identificano o che identificano il brand di cui fanno parte. Non sto parlando, infatti, di player, bensì di musica e suoni strutturali, di musica e suoni associati al prodotto.

Mi sarebbe piaciuto presentarvi uno studio a riguardo. Penso che l’argomento meriti una particolare attenzione. Ma come mi ebbe a dire Bonaventura Di Bello, che qui ringrazio pubblicamente per la gentilezza e disponibilità dimostratami: è molto difficile fare discorsi generali sull’audio sonoro, ed è possibile

solo se le varie musiche venissero indagate singolarmente, in quanto si tratta di scelte dettate dal gusto e dalle esigenze particolari di un’azienda e di un particolare periodo. Per esempio, il suono d’avvio di Windows un tempo era un brano composto appositamente da Brian Eno, dietro richiesta dello stesso Bill Gates.

E allora ascoltiamo il logo sonoro di Windows scritto da Brian Eno

Il logo sonoro ha subito modifiche e aggiustamenti fino all’attuale di Window10 in cui possiamo riconoscere sempre e comunque il marchio originale, esattamente come accadrebbe per un logotipo.

I loghi sonori sono ormai entrati dentro il nostro vissuto e dentro il nostro quotidiano.

Archi di relazione con il logo sonoro

Con il logo sonoro o sound branding, insomma, si crea un arco di relazione sonora/musicale tra cliente e brand. Questo arco musicale resta con noi per anni e ci avvicina e ci lega al brand. E ci lega molto più intimamente di una immagine o un logotipo, immagine che vediamo/non vediamo, anche per quel principio del minimo sforzo spiegato da Luca Rosati, e che scartiamo facilmente; più facilmente di quanto non possiamo scartare un pensiero. Infatti, la musichetta del nostro smartphone ce l’abbiamo in testa e magari si ripete anche in questo momento in cui sto scrivendo e voi state leggendo. E non ho neppure bisogno di nominare nessun brand, né di impugnare alcun strumento per ricordarvelo.

Experience the Brand Sound Studio

da Toni Fontana | Nov 27, 2015 |

Che rumori fa la vostra macchina? Il video che vi propongo“Experience the Brand Sound Studio”

racconta di come anche i produttori di auto si occupano dei suoni e dei rumori prodotti da un’automobile.

E voi? Avete mai rivolto la vostra attenzione ai rumori della vostra automobile? No? Sicuri?

Io avrei scommesso invece di si.

E sono pure certo che, quando qualcuno non ci ha fatto caso, è pure finita male.

Raccontatemi la vostra mancanza di attenzione e raccontate cosa è successo.

I bravi autisti/ piloti, o meccanici, ascoltano il motore (un tempo, quando erano più meccanici e meno elettrauti, lo facevano molto più spesso). Ma anche se adesso i meccanici non lo fanno, lo fa per loro la casa di produzione della macchina. E non ascoltano solo il motore ma anche l’abitacolo.

I problemi di una macchina, infatti, molto spesso, si identificano con il culo (non sto scherzando!), sono le vibrazioni che salgono dal fondo schiena che fanno percepire che qualcosa va male (soprattutto nelle macchine sportive); altre volte con il tatto, si tratta sempre delle vibrazioni che, salendo sul manubrio e nell’abitacolo, possono indicare un certo tipo di problemi; e infine, molto frequentemente, si sentono con le orecchie.

Fino a qualche anno fa si diceva che un motore andava a tre (ossia che usava solo tre cilindri) quando, invece dei soliti quattro cilindri, a spingere la macchina erano solo in tre. Il primo sintomo di questa rottura del motore era principalmente il suono del motore che non era più pieno; poi successivamente si notava anche la perdita di potenza.

Se le ruote sono troppo sgonfie, il salvasterzo potrebbe ingannare la sensibilità delle mani (tatto), ma il rumore un po’ cupo della ruota non inganna un orecchio attento.

Se la frizione vi sta abbandonando, lo capite anche dal suono prodotto dal motore durante la partenza o durante il cambio

La vostra macchina, funzionante, fa sempre gli stessi rumori a cui vi siete abituati ormai da tempo. Ma basta che ad uno di questi rumori se ne aggiunga un altro, uno nuovo, per farvi preoccupare o per mettervi in allarme.

Brand come l’Audi, ma anche altre case automobiliste se ne occupano, curano i suoni o i rumori della macchina fin nei minimi particolari e queste analisi influenzano anche la progettazione della macchina.

Dunque, ragazzi: orecchie sempre attente! Cinture di sicurezza ben allacciate! Luci accese anche di giorno!

E prudenza! Sempre!

Creare un prodotto di successo con il suono

Creare un prodotto di successo significa creare un prodotto che ha una riconoscibilità unica. La progettazione connette i prodotti e i suoi fruitori. Dato che oggi, più che mai, i prodotti restituiscono significati (anche) attraverso i suoni è necessario cominciare a pensare alla progettazione sonora secondo i moderni principi dell’user experience.

Il design del suono è fondamentale per i prodotti di successo

Proprio la scorsa settimana O’reilly nella sua newsletter ci ha regalato un capitolo di un nuovo libro che vuole fornire una norma o uno standard per estrarre tutti i vantaggi del sonoro e migliorare la capacità di capire le sottigliezze della comunicazione sonora.

Il libro, Designing Products With Sound scritto da Amber Case, antropologa e user experience designer, e Aaron Day che si occupa da oltre 17 anni di architettura dell’informazione sonora, uscirà a fine ottobre.

Non potevo dunque sottrarmi dal riproporvi il capitolo, riportando le parti più interessanti, e rimandando agli approfondimenti che questo blog ha fatto durante i suoi due anni di esistenza.

Il design del suono non dovrebbe essere un ripensamento alla fine di un processo di progettazione.

La premessa di Architettura dell’informazione sonora

Non ho ancora capito se i miei colleghi architetti, quando parlo di architettura dell’informazione sonora mi considerino un venditore di fumo o un visionario.

Quello che vorrei portare sul tavolo delle discussioni è semplicemente la questione che oggi, sia le app, sia i dispositivi che utilizziamo, producono suoni. Questi suoni sono progettati, e se non lo sono ancora, vanno progettati.

Così come ricordano Amber Case e Aaron Day non tutti i dispositivi, le app o i prodotti, necessitano di un suono o di una progettazione sonora. Ma una parte, seppure minima, ne ha necessità. E se all’interno di una sana progettazione non si prende in considerazione la progettazione sonora, a mio parere, faremmo perdere un po’ di potenza e di efficacia, all’intero progetto.

In tal senso, mi piace che Amber Case e Aaron Day dicano.

La storia della civiltà umana è anche una storia di progettazione sonora sempre più complessa. Sapere come ci siamo arrivati ci offre alcune intuizioni cruciali in ciò che ci aspettiamo dal suono, e come incontrare o confondere quelle aspettative.

Siamo un po’ oltre al logo sonoro o sound brand di cui anche mi ero occupato, o dell’audio identità come la definisce chi crea loghi sonori. Ma andiamo con ordine.

La storia del suono

La storia del suono da qualunque punto di vista la osserviamo o la sentiamo (è il caso di dirlo) è un mondo affascinante, perché ci appartiene. Le sonorità, le risonanze, fanno parte e colpiscono le nostre parti più intime. Un suono porta con se il senso della riconoscibilità. Ripercorre su canali auditivi le emozioni più profonde del nostro essere.

In uno dei miei primissimi articoli sul blog parlavo del suono come quarta dimensione dell’UX, concetto che ho ripreso poi nel mio intervento al WIAD Palermo. In quella occasione ho raccontato di come nel tempo si è proceduto e si procede a silenziare gli strumenti.

Ma silenziare gli strumenti non significa eliminare dal dispositivo i suoni. Il silenzio è una delle opzioni possibili tra le sonorità disponibili. Nello spartito musicale, la pausa, che è silenzio, fa parte della musica. Pause e note costituiscono l’intero brano musicale.

Allarmi

Amber Case e Aaron Daye ci raccontano dal canto loro la storia degli allarmi. Allarmi che ci svegliano e che ci costringono ad alzarci come lo snooze. Oppure allarmi che ci avvertono o ci hanno avvertito, nel tempo, di un pericolo, che ci trasmettono una situazione che non potrebbe avere la stessa efficacia e urgenza rispetto ad altri canali sensoriali.

Un tempo bastava un bastone che colpisse una campana per allarmare la comunità. Ma più le nostre tribù sono diventate complesse, più abbiamo dovuto progettare e inventarci nuove soluzioni. Quindi abbiamo dovuto trovare il modo per avvertire che una casa andasse in fiamme, che un ladro stesse per entrare in casa, che fossero in arrivo degli aerei da combattimento. Abbiamo avuto anche l’inventiva di trasformare quegli allarmi antiaerei in allarmi per l’acqua alta. Come ben sa chi vive, o è stato, a Venezia.

La storia degli allarmi è la storia della civiltà, fino al punto in cui ne sentiamo dozzine in un giorno, quasi senza rendersene conto, dai clacson e sirene di polizia, alle campane di scuola e agli avvisi degli smartphone.

Strumenti musicali

I primi strumenti musicali trovati nella storia dell’umantà sono stati i flauti, più di 40.000 anni fa. Questo significa che la musica ha preceduto la lingua scritta di migliaia di anni.

Modellavamo le nostre emozioni musicalmente molto prima di modellarle con la scrittura e il testo.

La musica e gli strumenti musicali hanno accompagnato i riti tribali e sono stati suonati in ambienti comunitari. E ancora oggi questo accade. In forme e modi a cui non pensiamo più come tali.

Oggi, il vostro rituale quotidiano potrebbe incorporare una specifica canzone in una routine di sveglia o allenamento. Un romanzo e le vostre relazioni possono essere associate a brani specifici. I concerti all’aperto sono spazi per l’avvicinarsi dell’età e allo spettacolo e alla socializzazione. Sono anche luoghi per la creazione e la comunicazione di firme tribali come la moda, l’identità, la bellezza e la prontezza di accoppiamento.

Una canzone estiva popolare e catchy (Daft Punk’s Get Lucky viene in mente per il 2014, o George Michael’s Faith per il 1988) può definire un’intera estate, non solo in una nazione ma in tutto il mondo. Insieme queste canzoni rappresentano rituali di estivi o di alcuni stati d’animo.

I tormentoni dell’estate sono parte di rituali sociali di massa. Dalla maggior parte delle persone non considerate più tali. Ma questo sono. Un rituale.

La registrazione

La registrazione digitale e la riproduzione segnano un avanzamento sugli strumenti analogici in quanto consentono di produrre, riprodurre e condividere la musica ancora più facilmente.

Il digitale è portatile (contro il vinile che è statico) e accessibile. I nostri servizi di streaming ci permettono di ascoltare musica in qualunque momento.

Su questo Amber Case e Aaron Daysono un po’ in polemica

Questa facilità di accesso presenta tuttavia degli inconvenienti, come la perdita dell’ascolto comune e la perdita di qualità del suono dovuta alla compressione. Oggi è raro ascoltare la musica piena e non compressa come potremmo in una sala da camera. Invece, la sentiamo più spesso post-prodotta per renderla ascoltabile a bitrate bassi, rendendola relativamente facile per fluire, ma in qualità diminuita. Ciò mette un peso cognitivo nascosto sul nostro cervello, che deve lavorare per riempire le lacune minuscole nella musica lasciata dal processo di compressione.

Storia di una compressione e incomprensione

Amber Case e Aaron Day continuano.

A breve termine, questo è un piccolo prezzo da pagare per l’accesso immediato a milioni di canzoni, ma a lungo termine trasforma la musica in una sorta di cibo spazzatura virtuale, fornendo una sembianza di soddisfazione mentre faticano le nostre capacità di elaborazione uditiva. Tuttavia, questa stanchezza temporanea è generalmente preferibile ai rumori di tamponamento casuali presenti negli ambienti urbani e suburbani di tutti i giorni.

Se da un canto Amber Case e Aaron Day hanno pienamente ragione, parlare ancora male dell’Mp3, di cui ho raccontato la vera storia, mi pare ormai inutile.

Almeno da come la vedo io. Il suono perfetto non esiste, se non nel momento in cui ascoltiamo uno strumento acustico in un dato momento. Tutta la musica riprodotta ha troppe varianti per risultare identica a quel momento dal vivo.

È per questo motivo che, per secoli, la gente è andata e va al teatro ad ascoltare la lirica. Perché in quel momento, con quel dato maestro, con quella data orchestra, si ascolta la vera musica.

Così le varianti per una buona riproduzione sono tante. Per grandi linee sono almeno 4, il registratore, il contesto di registrazione, il dispositivo di riproduzione e la qualità dei diffusori. La sfida dei sound designer e degli audiofili è quella di arrivare nel punto più vicino di similitudine alla musica dal vivo. Ma nella piena consapevolezza che quella similitudine è sempre un pelo in meno alla realtà.

Senza poi contare gli innumerevoli vantaggi che l’MP3 ha portato alla conoscenza musicale. Vantaggi che fanno a pugni con gli svantaggi e che qui tralasciamo perché il discorso sarebbe troppo lungo e ci porterebbe altrove. Ma sappiamo tutti chi è il vincitore.

Messaggi a distanza

Tra gli strumenti musicali, il tamburo per comunicare, ossia il djembe, è particolarmente interessante per i progettisti del suono. Il tamburo nasce nell’Africa occidentale. Ed è stato appositamente progettato e costruito per creare una varietà di suoni che emulano il discorso umano, attraverso un vocabolario rudimentale.

Questo lo ha reso uno strumento efficace per la comunicazione nella lunga distanza tra i villaggi. Raccogliendo segnali e ripetendoli e rimandandoli con altri tamburi.

Il tamburo

Sebbene non sia il primo dispositivo di trasmissione di messaggi variabili a distanza, il tamburo di conversazione era ben al di là di qualunque altro dispositivo di comunicazione udibile della sua giornata, in combinazione di flessibilità, risoluzione e gamma.

Ha comunicato una serie di messaggi, non solo un singolo allarme o un rapporto di stato, approfittando dell’ampia gamma di tonalità comunemente pronunciate nella zona. La sua risoluzione – la quantità di dettagli che può essere trasmessa in un determinato periodo di tempo – è ancora notevolmente inferiore a quella del discorso umano, ma molto più elevata della risoluzione a un bit di un allarme, sia acceso che spento.

La scoperta delle onde sonore arriverà molto più tardi. Ma la loro ricerca deriva certamente da un problema che si è protratto nel tempo e che era molto sentito dalle comunità.

Si è scoperto che molti compiti di comunicazione a livello di gruppo si adattano accuratamente a questa risoluzione (il tamburo). […] Il tamburo di conversazione è stata una soluzione precoce ed elegante per un problema molto comune.

Dopo il tamburo

Da allora, gli esseri umani hanno sviluppato modi sempre più sofisticati per trasmettere i messaggi a distanza, e una buona parte di loro coinvolge il suono. La nostra prima progressione nella comunicazione a distanza elettrica è stato il codice Morse. Ha utilizzato il suono e ha permesso la comunicazione che risulta estremamente utile per grandi gruppi come militari, aziende e governi.

Dal codice morse in poi, oggi si arriva ad avere molteplici modi di comunicare. In particolar modo è possibile, senza grosse difficoltà, comunicare in video e ad una alta risoluzione. Eppure, ad oggi, l’essere umano non rinuncia del tutto agli SMS, ai messaggi di testo, alla limitazione dei 140 caratteri, ai messaggi vocali.

Questo comportamento è un atto di preservazione. Perché così facendo si limita e si rende varia l’enorme quantità di informazioni che riceviamo durante il giorno.

Suono come stimolo

Spesso, il suono è deliberatamente impiegato per modificare gli stati d’animo o per far compiere azioni specifiche ad individui e gruppi di persone. Questo avviene al di là degli allarmi di cui sopra, che spesso urlano “scappate!”

Se progettati correttamente, i suoni possono profondamente modellare i comportamenti di grandi gruppi di persone, consentendo ad un attore centrale di comunicare rapidamente qualcosa a un grande gruppo di persone e coordinarle.

Il lato positivo

Questo ha un lato positivo. Da un lato tutti gli stimoli emozionali tra cui la categoria musicale che io definisco La musica che si vede. Ma anche tutte le relazioni sonori che instauriamo nel tempo e a cui leghiamo un ricordo specifico.

Nei centri commerciali cinesi la canzone Going Home del sassofonista Kenny G viene diffusa per indicare l’ora di chiusura. A Taiwan, i camion di rifiuti diffondono una registrazione di Per Elise di Beethoven per avvertire i residenti di avvicinare la spazzatura.

Tanti sarebbero ancora gli esempi. Ma tutti sfruttano i vantaggi del suono registrato e progettato.

Specificità, riconoscibilità, inarrestabilità e anche pervasività.

Il lato negativo

Per un lato positivo abbiamo sempre un lato negativo della questione. Il pericolo, semmai così si può definire è che una canzone già amata diventi irritante per la ripetizione costante, creando un’associazione negativa sia alla canzone sia all’evento a cui è legata.

Un esempio potrebbe essere il suono del camion dei gelati. Io sono cresciuto ascoltando ogni giorno un suono simile a questo. Non avendo figli allego al suono ancora un certo ricordo di gioia e di dolcezza. Ma magari lo stesso suono risulta una tortura per i genitori a cui legano il ricordo di una ulteriore spesa giornaliera o il fastidio in un momento di riposo.

Amber Case e Aaron Day danno una loro soluzione.

Una soluzione migliore in queste situazioni sarebbe cambiare regolarmente la melodia, ma utilizzare sempre lo stesso timbro e strumentazione.

Perché il design del suono è fondamentale

Viviamo in un mondo con molti suoni non progettati. Molti sono inevitabili o dati per scontati. Ma molti suoni possono essere progettati e quando possiamo progettarli, dovremmo.

I numerosi dispositivi costruiti ogni anno arricchiscono e affollano i nostri contesti di vita. La nostra attenzione è ormai ridotta a quella di un pesce rosso dentro la bolla di vetro. I suoni progettati potremmo ridurre il carico cognitivo, affermano Amber Case e Aaron Day, e invece preferiamo aggiungere fatica al nostro cervello.

Questo è l’argomento pragmatico per migliorare le nostre capacità di progettazione del suono.

Il suono è anche un potente differenziatore di marche. Realizzato bene, aiuta un prodotto a distinguersi; attuata male – sia con un design inutile, con limitazioni hardware, o con una scarsa integrazione – esso detrae. Proprio come per gli aspetti visivi dell’interfaccia utente, le caratteristiche del suono dovrebbero essere coerenti tra i prodotti e le piattaforme, senza lasciare alcuna impressione ovvia di alcun suono specifico, ma un profondo senso di soddisfazione e di identità di marca.

Progettazione del suono ed effetti della musica

Qualche tempo fa ho elencato un po’ di video TED in cui si parla degli effetti della musica sul cervello.

Il suono è emotivo. Poiché l’udito è passivo e immediato, può produrre una risposta emotiva al di fuori della volontà dell’uomo che lo sperimenta. A meno che tu non blocchi le orecchie o non sia sordo e non puoi sentire.

Molte delle nostre reazioni sonore sono legate alla nostra fisiologia. Un allarme improvviso potrebbe essere una preda che si muove o un orso che ci attacca. In entrambi i casi la reazione è fisica. La voce, la musica, il suono di una macchina e persino un brindisi, può provocare una risposta emozionale positiva.

Oppure anche se non si conoscesse il portoghese ascoltando Manuel Freire – Pedra filosofal è difficile non diventare malinconici.https://www.youtube.com/embed/kGvY4tqcgUQ?feature=oembed

Il suono influenza la produttività

Parte del nostro cervello è sempre impegnato con il nostro contesto sonoro. Anche se riusciamo ad isolarci dal suono, una parte della nostra attenzione cognitiva va sempre verso l’ascolto. Ci siamo evoluti aspettandoci sempre un certo livello di rumore di fondo e un certo livello di variabilità: la natura è raramente silenziosa, ma è anche raramente fragorosa.

Il suono può influenzare il nostro comportamento e la produttività in modo drammatico. È difficile concentrarsi su un compito quando una parte del cervello percepisce incertezza o un pericolo.

Per queste ragioni, il suono ha una straordinaria capacità di influenzare la nostra esperienza, promuovendo o impedendo la concentrazione, la creatività e la risoluzione di un problema.

C’è bisogno di architetti dell’informazione sonora

Quanti parametri di riferimento abbiamo per i componenti visivi del design dell’esperienza utente? È tempo di avere modelli per il design del suono, che sfruttano i processi di progettazione già esistenti e già sviluppati. Altrimenti il suono sarebbe abbandonato a quello che è, come un ripensamento alla fine di un processo di progettazione, o peggio, il suono sarebbe determinato dalle impostazioni predefinite sull’hardware costruiti in luoghi lontani ed estranei a noi.

L’architettura dell’informazione sonora è tra le nuove frontiere dell’UX. E ne dimostravo anche l’importanza quando raccontavo dell’esperienza sonora in aeroporto e quando mettevo a confronto la progettazione dell’user experience contro la casualità.

Da Dove cominciamo?

Non tutti i prodotti necessitano di un design sound.

Mi piace l’esempio riportato, in cui si parla del fatto che non tutti si preoccupano di come è fatta una valvola di sfiatamento del gas. Ci sono degli addetti che si preoccupano che queste valvole funzionino. Ma un allarme acustico che avverta che una valvola non funzioni o che sta esplodendo può interessare davvero tutti. E potrebbe salvare la vita di molte persone.

In questo caso, su una singola funzione (non uso a caso questo termine) la progettazione del suono è estremamente semplice.

Altri prodotti non devono avere per forza una progettazione sonora. Ma spesso il suono indica cosa stanno facendo e in quale stato o condizione si trovano questi prodotti o dispositivi.

Si consideri una mazza da baseball che colpisce una palla o un’ascia che spacca un pezzo di legno. Entrambi producono suoni che danno molta informazione sull’azione eseguita e sulle qualità degli oggetti. Di questi oggetti non è stato  progettato il suono. Così come altri prodotti beneficiano delle loro caratteristiche acustiche passive. Ad esempio vengono aggiunti dei pesi ad alcune porte dell’automobile per renderle più solide quando vengono aperte e per produrre un robusto “sbang” quando sono chiusi.

Ispirazione nel design del suono

Ecco perché i dispositivi elettronici guardano sempre al mondo naturale o meccanico per ricreare un suono. Ecco perché i nostri smarphone riproducono un click meccanico quando si sbloccano.

Per il momento, è sufficiente capire che il suono è importante, e che il suono (come tutti gli aspetti dell’ User EXperience Design) è sempre progettato, intenzionalmente o no. Nella maggior parte dei casi, il cattivo design del suono è peggiore di una mancata progettazione.

Ma se il tuo prodotto fa un suono e tu non lo progetti, lo progetterà per te.

Conclusioni

Insomma, così come abbiamo standard di progettazione nel visuale possiamo avere standard di progettazione sonora. Si può, si deve se si è dei progettisti. Se si è, invece, solo dei fruitori basterebbe iniziare ad avere consapevolezza del nostro contesto sonoro. E capire che la progettazione del suono riguarda tutti e non solo gli addetti ai lavori.

Sigla inizio trasmissioni RAI TV

da Toni Fontana | Nov 17, 2015 |

Quella che vi propongo oggi è la sigla di inizio trasmissioni della RAI perché questa settimana parlerò di Sigle radiofoniche e televisive.

Mi è sembrato doveroso ricordare a chi ha già una certa età (mica tanto) e presentare a chi ancora non c’era, la sigla per eccellenza della televisione italiana.

Sembra chissà quanto tempo fa, ma non sono passati certo tanti anni da quando le trasmissioni venivano chiuse di notte e non esisteva il ciclo continuo di immagini e suoni che riempie o ha riempito per anni la nostra vita.

Le trasmissioni televisive si interrompevano e poi riprendevano al mattino, quando le maestranze della televisione statale si rimettevano in moto. Ed è proprio con questa sigla che la RAI cominciava, con una sigla che dava inizio alle trasmissioni di tutto il giorno.

La marzulliana chiusura notturna sarebbe stata più attuale allora:

…Quando un giorno – vista l’ora – è appena finito e un nuovo giorno è appena cominciato; un giorno in più per amare, per sognare, per vivere. Buonanotte. (da Sottovoce, in conclusione di ogni puntata)

ma anche questa potrebbe essere considerata una sigla orale e non musicale.

Aggiungo solo una curiosità (anche se penso sia risaputo) su quanti ancora oggi non si sono dati una spiegazione della Sigla RAI, o meglio, R.A.I.- (sviluppato in) Radio Televisione Italiana. La sigla corretta sarebbe dovuta essere RTI. In realtà la RAI nasce come Radio Audiovisione Italiana, appunto RAI. La tecnologia audio-radio era quella più avanzata, a quei tempi, e quindi la preminente.

Ma la storia della radio merita un post a parte e fatto bene! Arriverà! Intanto… parliamo di sigle! Alla prossima!